Vienna, 13 aprile 1899 – New York, 20 maggio 1959. Filosofo e sociologo austriaco.
Nato a Vienna in una famiglia ebrea, Alfred Schütz conduce degli studi di diritto, economia e sociologia all’Università di Vienna, in seguito a ciò egli ottiene nel 1921 un dottorato in filosofia del diritto sotto la direzione di Hans Kelsen. Lavora in seguito come avvocato e ottiene nel 1927 un posto di segretario esecutivo alla Reitler and Company di Vienna, una ditta bancaria privata con attività internazionali. Parallelamente a questo attività, lavora come ricercatore indipendente e partecipa al Privatseminar fondato da Ludwig von Mises dove lega amicizie in particolare con Felix Kaufmann, Fritz Machlup e Erich Vögelin. Lo sposalizio con Ilse Heime, nel 1926, gli apportò un sostegno considerevole alla realizzazione di un’importante opera Der sinnhafte Aufbau der sozialen Welt. Pubblicata nel 1932, Eine Einleitung in der verstehende Soziologie, nella quale Schütz, attraverso la fenomenologia di Edmund Husserl, pose le sue basi filosofiche alle scienze sociali ed in particolare alla sociologia.
Alfred Schütz – Pensiero
In quali circostanze il soggetto ritiene che le cose siano reali ? E come si può essere certi che le nostre definizioni di realtà corrispondano a quelle del nostro simile ? È a partire da questi interrogativi che si impone con forza il tema della costruzione intersoggettiva della realtà, aspetto centrale delle riflessioni di Alfred Schütz. Erving Goffman, con la sua Frame Analysis, può essere considerato un prosecutore della linea di pensiero inaugurata da William James e approfondita dalla sociologia fenomenologica di Schütz.
Schütz è considerato determinante nell’alimentare l’idea di una sociologia fenomenologica. Dopo la sua immigrazione negli Stati Uniti, l’influenza del pragmatismo americano e del positivismo logico contribuisce a consolidare in lui l’interesse verso un empirismo, che prende la forma di un’attenzione al mondo concreto e al mondo vissuto. Il suo pensiero è nato da una fusione: da una parte un attento studio della metodologia weberiana, della quale compie un riesame critico in base alle istanze provenienti dalla filosofia intuizionista di Bergson (prevalentemente nelle opere del periodo giovanile, degli anni 1924-1928, raccolte nel volume Theorie des Lebensformen, curato da Ilja Srubar); dall’altra le istanze della fenomenologia di Edmund Husserl, che Schütz seguirà con entusiamo sino al 1940 circa, e da cui andrà progressivamente distaccandosi. La sfera alla quale Schütz si interessa maggiormente è quella quotidiana, fatta da routine, cioè da corsi di azione abitualizzati sui quali non ci fermiamo a riflettere; ogni sfera di vita sociale è composta da costruzioni di tipologie, dette anche sottouniversi. Secondo Schütz lo studio dell’intersoggettività non può essere condotto con i metodi della filosofia, poiché non si può identificare alcuna legge astratta sul funzionamento della conoscenza. La sociologia può pertanto concentrarsi solo sullo studio dei metodi empirici con cui l’intersoggettività viene creata e mantenuta. La possibilità di una conoscenza intersoggettiva sembra fondarsi su una serie di tipizzazioni che danno luogo a insiemi omogenei di significati (“province finite di significato”), ovvero tutte quelle regole, nozioni, concezioni, ricette, informazioni relative ai vari campi del sapere, che gli individui imparano dai loro predecessori o da analoghe esperienze del loro passato. L’insieme di questi elementi costituisce un patrimonio di conoscenza condivisa, che rappresenta la versione di realtà accettata dai soggetti appartenenti a un medesimo contesto sociale.
Il pensiero in cui siamo immersi è perciò del senso comune, ossia il pensiero dell’ovvio, di conseguenza pensare senza porsi troppe domande. Schütz si affianca alla fenomenologia: cioè allo studio di ciò che appare; il soggetto non è semplicemente nel mondo, ma costituisce il mondo, dunque ciò che accade nel mondo è compreso attraverso categorie, questo comporta un risparmio a livello cognitivo. Schütz analizza l’azione come progetto e a tal proposito porta avanti una critica nei confronti della teoria weberiana dell’azione accusandolo di aver puntato l’attenzione esclusivamente sull’agire razionale secondo lo scopo che rappresenta la tappa di arrivo di tutto l’iter processuale che porta all’affermazione dell’azione nella sua totalità, impedendo quindi di comprendere il rapporto tra senso del produrre e senso del prodotto, tra auto comprensione ed eterocomprensione. La prima fase del processo che porta all’azione compiuta è la fase della volontarizzazione in cui il soggetto mostra la volontà di raggiungere un determinato scopo. La seconda fase è quella in cui l’azione si configura come azione in atto, la terza fase è quella in cui l’azione si manifesta come atto compiuto portando al raggiungimento dello scopo.
Ogni individuo nello stabilire rapporti con l’altro deve tener conto che esiste un universo di intenzionalità che appartiene agli stati più profondi di coscienza e che tutto ciò che si osserva rappresenta il punto di arrivo di un lungo iter che parte dalla coscienza individuale e trova il suo punto di arrivo nell’esplicazione del proprio atto compiuto che viene espresso esternamente attraverso delle razionalizzazioni, risultato di elaborazioni, visibili all’osservatore esterno, ma che in quanto prodotto elaborato, non rappresentano altro che un elemento superficiale di un complesso stato interno di coscienza. Fondamentale nella comprensione reciproca dei comportamenti è la gestualità che rappresenta il mezzo con il quale il soggetto manifesta le proprie intenzionalità nei confronti dell’interlocutore; ecco che allora si crea un dialogo a tre: il soggetto agente che svolge l’azione, l’interlocutore che partecipa all’azione dell’agente, l’osservatore esterno che non partecipa al rapporto tra agente e interlocutore pur essendo interessato ad esso.
Schütz pur riconoscendo l’esistenza di un lungo processo di affermazione dell’azione, sottolinea al tempo stesso l’impossibilità per il soggetto di conoscere interamente ciò che si trova nello stato profondo di coscienza dell’interlocutore e che rappresenta la fonte della sua azione. Ecco che allora le tipizzazioni risultano essere l’unico mezzo possibile per analizzare il comportamento di alter per l’impossibilità di ego di raggiungere un universo di cui solo alter è a conoscenza.
L’opera più nota di Alfred Schütz, Der aufbau der sozialen welt (tradotto in italiano col titolo La fenomenologia del mondo sociale) presenta un costante rimando alla fenomenologia husserliana, ma già vi è evidente una presa di posizione dell’autore che orienta la sua sociologia fenomenologica al di fuori della fenomenologia trascendentale, mossa verso una fenomenologia della vita mondana. La fenomenologia è per l’autore un puro metodo; se le opere precedenti alla fase idealista erano accettate con interesse dal sociologo, la svolta idealista di Husserl sarà ciò che ne sancisce il distacco definitivo. Come nota Anthony Giddens, la fenomenologia, assumendo come punto di partenza la soggettività e l’intenzionalità della coscienza, non riesce ad analizzare il mondo sociale come mondo oggettivo. Schütz, come Max Scheler, trae il tema dell’intersoggettività dalla produzione filosofica husserliana, ma si rende conto del fatto che per essere posta nel contesto sociologico l’intersoggettività deve assumere una connotazione che oltrepassi la mera soggettività trascendentale. Per analizzare il mondo sociale, intersoggettivo, il sociologo deve abbandonare l’ortodossia fenomenologica di Husserl. Il sociologo tiene in sospeso tuttava la possibilità del cammino trascendentale per almeno vent’anni, in parallelo alla via dell’atteggiamento naturale, prima dell’abbandono finale. La questione dell’intersoggettività, che già Scheler aveva posto come indipendente dalla dimensione trascendentale dell’io – giacché il noi è un’esperienza primaria allo stesso modo dell’io, e dunque la cognizione del noi che esperiamo socialmente non si riduce alla cognizione di un io trascendentale – è considerata come preminente per la fondazione di una sociologia fenomenologica. Ma oltre all’esperienza che nella vita sociale abbiamo del noi, vi è anche l’esperienza del tu, che è considerata parimenti originaria sia da Scheler che dal sociologo viennese; anzi, secondo Scheler, la realtà del tu e dunque la realtà di una comunità sarebbe precedente alla realtà dell’io come datità. Schütz condivide con Scheler la tesi secondo cui la convinzione dell’esistenza dell’alter-ego non è fondata su atti di cognizione teoretica.
Il sociologo viennese lascia in sospeso i problemi estremamenti difficili relativi alla costituzione del tu nella soggettività individuale e scrive: “Non ci chiediamo quindi come in generale in un io si costituisca un tu, se almeno come possibilità l’auto-osservazione preceda l’osservazione dell’alter ego, se ‘l’uomo’ come soggettività psicologica rinvii ad un ego trascendentale in cui l’alter ego trascendentale sia già costituito, se e come in forza della costituzione dell’alter ego trascendentale dell’ego trascendentale sia possibile una conoscenza intersoggettiva di valore generale, ecc. Per quanto simili analisi siano importanti per la generale dottrina della conoscenza e conseguentemente per le scienze sociali, possiamo lasciarle fuori dal nostro campo senza danno per la nostra problematica.
Prendiamo quindi come oggetto della nostra analisi l’uomo nel suo atteggiamento naturale ingenuo”. Tale atteggiamento ingenuo si basa sul considerare una realtà come data per scontata nei suoi assiomi che più consideriamo stabili; perché vi sia una realtà sociale, è anzitutto dato per scontato che vi sia un tu al di fuori dell’ego. E perché si possa avere coscienza del mondo sociale, dunque della vita sociale che si attua in via di interrelazioni umane, è necessario presumere che anche il tu abbia in generale una coscienza, che duri e che il corso originale dei suoi vissuti abbia le stesse forme originarie del mio.
Come Scheler, anche Schütz ritiene che il mondo sociale corrisponde al mondo della vita, dunque la vita quotidiana che si estrinseca nel tempo e al di fuori di un io trascendentale; la fenomenologia dell’atteggiamento naturale offre dunque un metodo adeguato alle analisi e agli scopi delle scienze sociali.
Che l’intersoggettività che caratterizza la fenomenologia dell’atteggiamento naturale sia il punto che illustra l’inadeguatezza della fenomenologia trascendentale è espresso più esplicitamente dall’autore nel saggio sulla teoria scheleriana dell’intersoggettività (1940): “Bisogna ammettere in tutta franchezza che il problema dell’alter-ego costituisce il vero punto cruciale di ogni fenomenologia trascendentale”, e Husserl non ne ha dato una soluzione adeguata.
Il soggettivismo trascendentale conduce inevitabilmente al solipsismo, e con ciò si preclude la via alla conoscenza del mondo sociale. Perché sia concepibile una realtà sociale, dunque una realtà edificata e nutrita di significati intersoggettivi, è necessario che vi sia la cognizione del tu e del noi. Perché le scienze sociali possano funzionare, è necessario che si fondino su questa premessa, ossia sulla questione dell’intersoggettività. Introduciamo così a una lettura della Sinnhafte Aufbau der sozialen Welt, l’opera che meglio riassume i contenuti di ciò che configura la sociologia fenomenologica Schütziana.
Termini e concetti di provenienza bergsoniana, come il costante riferimento a vissuti, alla durée, nonché i rivolgimenti attenzionale e le proiezioni monoradiali, trovano in tale opera (come nei saggi giovanili confluiti in Theorie der Lebensformen) spazio e divengono strutturali della sociologia Schütziana, ma avranno minor rilievo nelle opere successive dell’autore, ossia nella definizione di fenomenologia dell’atteggiamento naturale.
TRA LE OPERE di Alfred Schütz
* Schütz A. (1936-37), Das Problem der Personalität in der Sozialwelt. Microfilm (Roll 5, 7060-7211), Social Science Archives of Konstanz.
* Schütz A. (1962), Collected Papers, vol.I, Martinus Nijhoff, The Hague.
* Schütz A. (1972), Choice and the Social Sciences, in Life-World and Consciousness. Essays for Aron Gurwitsch (edited by Lester E. Embree), Northwestern University Press, Evanston.
* Schütz A. (1974), La fenomenologia del mondo sociale, Il Mulino, Bologna.
* Schütz A. (1975), Collected Papers, vol.III, Martinus Nijhoff, The Hague.
* Schütz A. (1975), Il Problema della Rilevanza, Rosenberg & Sellier, Torino.
* Schütz A. (1976), Collected Papers, vol.II, Martinus Nijhoff, The Hague.
* Schütz A. (1976), Fragments on the phenomenology of music, in In Search of Musical Method (edited by F. J. Smith), Gordon and Breach, London.
* Schütz A. (1982), Life Forms and Meaning Structure, Routledge & Kegan Paul, London.
* Schütz A. (1996), Collected Papers, vol.IV, Kluwer Academic Publishers, Dordrecht.
* Schütz A. (1997), Positivistic Philosophy and the Actual Approach of Interpretative Social Science: *An Ineditum of Alfred Schütz from Spring 1953, (edited by Lester Embree), in “Husserl Studies”, vol.14, pp.123-49.
* Schütz A. and Gurwitsch A. (1989), Philosophers in Exile. The Correspondence of Alfred Schütz and Aron Gurwitsch, 1939-1959 (edited by R. Grathoff), Indiana University Press, Bloomington.
* Schütz A. and Luckmann T. (1973), The Structures of the Life-World, vol.I, Northwestern University Press, Evanston.
* Schütz A. and Luckmann T. (1989), The Structures of the Life-World, vol.II, Northwestern University Press, Evanston.
MATERIALE TRATTO ED RIVISTO DA:
– Wikipedia.It
– http://www.shvoong.it – Marzio Valdambrini
– http://www.edizioniplus.it – Claudia Damari
– http://www.sapere.it
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