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Sociologi Famosi | IT > Autori di Scienze Sociali > Charles Wright Mills | Pensiero

Charles Wright Mills | Pensiero

10 Gennaio 201616 Dicembre 2018 Roberto Di Molfetta
Charles-Wright-Mills



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Charles Wright Mills – 1916-1962. Sociologo statunitense.

Studioso quantitativo e qualitativo della composizione del sistema sociale a lui contemporaneo, ha analizzato la stratificazione di classe dell’universo sociale americano, i legami tra potere economico e politico, le caratteristiche delle elites, come vertici sociali ovvero gruppi di individui che insieme costituiscono i massimi rappresentanti dei vari poteri sociali in un sistema sociale considerato (potere economico, militare, politico e così via discorrendo). Mills simboleggia nei suoi lavori e con il suo impegno la sociologia “anticonformista”, di opposizione, più duramente intransigente nei giudizi oltre che nella sferzante analisi polemica pur documentata in maniera rigorosa. Mills è stato critico-accusatore dell’ideazione struttural-funzionalista di Talcott Parsons, considerando le teorie parsoniane strumento teorico dello status quo e sua giustificazione.

I suoi studi sulla burocrazia e sulla classe media americana mettono in rilievo lo stato di alienazione e spersonalizzazione del lavoro, con un sistema di potere in cui la razionalità è prima di tutto manipolazione occulta del mondo. La sua visione delle società capitalistiche e del loro futuro sviluppo è caratterizzata da una visione fortemente pessimistica, in particolare per ciò che concerne i ceti impiegatizi, la cui personalità stessa viene piegata alle esigenze del capitale (ad es. attraverso le qualità personali che vengono privilegiate e premiate nella carriera) trasformandosi in ‘merce’. Le conseguenze sociostrutturali della razionalità capitalistica comportano una centralizzazione del potere e un legame stretto e forte tra coloro che si trovano ai vertici delle grandi corporazioni finanziare, commerciali, militari e sindacali. Ciò porta Mills a sviluppare una vera e propria teoria delle élites di potere, prendendo a modello il pensiero analitico di Vilfredo Pareto.

In “Colletti Bianchi” Mills documenta innanzitutto in modo accurato l’ascesa del nuovo gruppo sociale in seno all’economia americana. Mentre all’inizio del secolo 20° circa i quattro quinti della popolazione occupata erano composti da imprenditori indipendenti, negli anni Quaranta solo un quinto degli occupati faceva parte di questa categoria. Gli altri erano “prestatori d’opera”: salariati dai colletti blu, certamente, ma anche e sempre di più “stipendiati con i colletti bianchi”. Mentre il colore del colletto segnalava il tipo di mansione e il contesto lavorativo (l’ufficio anziché la catena di montaggio), la frazione di uno stipendio (salary) invece che un semplice salario (wage) segnalava un rapporto di lavoro più stabile e garantito, accompagnato da elevate aspettative di mobilità. Quattro le principali categorie di colletti bianchi:



– dirigenti (10%, secondo quanto stimabile da Mills)
– professionisti stipendiati (25%, fra cui moltissimi insegnanti)
– addetti alle vendite (25%)
– impiegati d’ufficio (40%, il gruppo più numeroso).

Mills riconduce la sostituzione del vecchio ceto medio (agricoltori, businessmen e liberi professionisti) con il nuovo a due cause principali: l’ascesa della grande impresa e l’espansione dell’apparato dello Stato. Entrambi questi processi hanno alimentato il «proliferare di grandi e piccole burocrazie» e dunque di nuovi ruoli occupazionali intermedi fra gli operai produttori di cose e i proprietari dei mezzi di produzione.
Fedele al canone dell’«immaginazione sociologica» (come suona il titolo di un altro suo libro del 1959), il sociologo statunitense delinea la “mentalità” del nuovo ceto medio americano, la sua opinabile esilità esistenziale. «Creatura nuova prodotta in un’epoca di spietata attività creatrice, l’uomo del “colletto bianco” non ha altra cultura su cui appoggiarsi se non quella costituita dalle realtà di una società di massa che lo ha modellato e che cerca di manipolarlo per fini che gli sono estranei». Su questa società di massa, Mills esprime giudizi spietati, che sono diventati famosi: si tratta di «una società simile a un grande reparto di vendita, a un enorme schedario, a un cervello industrializzato… in cui impera l’organizzazione e la manipolazione».

Il bilancio sul contributo sostanziale di Charles Wright Mills alle discipline sociali risulta positivo soprattutto unendo la produzione scientifica riguardo alla mobilità sociale all’indagine conoscitiva sui meccanismi di mantenimento e conquista del potere reale, visti con ottica estremamente critica, pur con un punto di vista originale sia rispetto alla disamina critica ed ideologica riguardante il capitalismo maturo, di derivazione marxista, sia alle risultanze disciplinari conoscitive della tradizione sociologica tutta.

TRA LE OPERE
– 1951 Colletti bianchi
– 1956 L’élite del potere





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Roberto Di Molfetta, 1974, nativo di Salerno, da madre romana e padre di Ceccano (Frosinone), ha avuto parecchie città di residenza, ma deve la sua formazione soprattutto al periodo ventennale trascorso nel centro della Capitale. Laureato in Comunicazione alla Sapienza di Roma, si occupa ormai da anni di Web Marketing, ottimizzazione per i motori di ricerca e creazione di siti Web.
Dal 2015 ha iniziato a pubblicare libri su vari argomenti: controinformazione, informatica, psicologia, temi politici.

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Roberto Di Molfetta, 1974, nativo di Salerno, da madre romana e padre di Ceccano (Frosinone), ha avuto parecchie città di residenza, ma deve la sua formazione soprattutto al periodo ventennale trascorso nel centro della Capitale. Laureato in Comunicazione alla Sapienza di Roma, si occupa ormai da anni di Web Marketing, ottimizzazione per i motori di ricerca e creazione di siti Web. Dal 2015 ha iniziato a pubblicare libri su vari argomenti: controinformazione, informatica, psicologia, temi politici. Contatti: [email protected] Sito Web: www.robertodimolfetta.it

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