Verso la meta del III secolo a.C., i romani, attraverso le relazioni politiche con l’Egitto, conobbero la pianta di papiro e subito s’impadronirono delle tecniche di fabbricazione della carta, divenendo, in breve, piu abili degli stessi egiziani. Nell’epoca di Cesare pregiatissima era la carta hieratica riservata alla fabbricazione dei libri sacri. I fogli di papiro, incollati l’uno dopo l’altro, formavano una lunga striscia, che avvolta a un bastoncino d’osso, diventava un rotolo.
libri dei romani non furono, dunque, molto diversi da quelli dei greci, finché, verso l’inizio del II secolo a.C., i dotti di Pergamo introdussero l’uso della carta pergamena. Costosissima e rara, dapprima venue usata anch‘essa in rotoli; in seguito si cominciò a tagliarla e a ripiegarla in modo da ottenere dei fascicoli (quaterni, da cui il nostro quademo). Fu questo il tipo di libro che sul finire dell’eta repubblicana si affianco al papiro, per sostituirlo completamente durante l’era imperiale.
’introduzione del “quaderno”, di rapida e facile consultazione, contribuì a diffondere velocemente la passione per i libri. Gli aristocratici piu colti, e i ricchi, si costruirono delle biblioteche private assoldando dei servi litterati (schiavi greci specializzati nel riprodurre manoscritti e capaci talvolta di stenografare), che copiavano e traducevano i migliori testi del tempo. Alcuni, intuendo profeticamente l’avvenire del libro, aprirono delle botteghe organizzando squadre di copisti, e dando così vita, in una societa senza tipografie, a vere e proprie case editrici.
Tito Pomponio Attico, amico ed editore di Cicerone, possedeva la casa editrice più famosa di Roma sia per l’abilità dei suoi copisti che per l’ottima organizzazione delle vendite. In una lettera, il famoso oratore si compiace appunto con Attico per la diffusione assicurata alla sua Pro Ligario. L’interessamento di Cicerone non era tuttavia legato a motivi venali perché, non esistendo i diritti d’autore, l’editore intascava tutto il ricavato delle vendite.
Accuratamente ordinati in appositi scaffali, i libri si potevano acquistare nelle numerose tabernae dei librai, sparse nel Foro e nei punti piu frequentati di Roma, e diventarono, in breve, motivo di riunioni e di affollati dibattiti. Giulio Cesare, una volta al potere, capì che era giunto il momento di sottrarre ai ricchi il privilegio della lettura e progetto, ispirandosi a quella ellenistica di Alessandria, una grande biblioteca pubblica, realizzata cinque anni dopo la sua morte da Asinio Pollione. Il dittatore, nello stesso tempo, aveva però compreso che la liberta d’espressione con tutta questa pubblicità, avrebbe potuto nuocere al suo potere e non tardo ad istituire la censura.
Cicerone in persona dovette rassegnarsi a divulgare i i testi delle arringhe, tenute in Senato, soltanto dopo aver ottenuto l’autorizzazione di Cesare. Dopo la battaglia di Farsalo, il dittatore, in qualita di tutore del popolo e presidente permanente del Senato, ridotte al silenzio le libere voci della cultura romana, assunse la direzione degli Acta Senatus e degli Acta diurmz populi, una specie di “gazzetta ufficiale”, corredata anche da notizie di cronaca cittadina. Alcune copie, spedite nelle province, vi portavano l’eco della vita romana. Cesare, in una sola volta, aveva creato la stampa e istituito il monopolio della stessa. Un esempio che altri uomini hanno tanto spesso imitato.
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