Joseph Schumpeter (Triesch, 8 febbraio 1883 – Taconic, 8 gennaio 1950) è stato un economista austriaco, tra i maggiori del XX secolo.
Joseph Schumpeter, fu uno dei più famosi economisti del XX secolo. Nacque a Triesch in Moravia, un tempo facente parte dell’impero Austro-Ungarico, oggi in Repubblica Ceca. Dopo essersi stabilito con la famiglia a Graz nella in Stiria, Schumpeter intraprese gli studi a Vienna dove prese la specializzazione in economia, materia per la quale è oggi conosciuto in tutto il mondo.
Al periodo d’insegnamento nelle Università di Graz, di Czernowitz (nell’attuale Ucraina) e Bonn in Germania, alternò alcuni importanti incarichi pubblici, tra cui quello di Ministro delle Finanze austriaco nel 1919 e di presidente della Banca Biederman. Negli anni Trenta all’avvento del nazismo si trasferì negli Stati Uniti per insegnare presso la prestigiosa Harvard University.
Joseph Schumpeter è conosciuto in particolare per le sue teorie sullo sviluppo economico. Nella sua prima opera, pubblicata nel 1908, sosteneva la separazione dell’economia dalle scienze sociali e il collegamento della stessa con le scienze naturali.
Nel 1912 con la Teoria dello Sviluppo economico, Schumpeter spiegava come le forze del mercato da una realtà statica si trasformano in una realtà dinamica con l’aggiunta del fattore imprenditoriale, introducendo un nuovo elemento al processo di produzione, perché in grado di produrre ‘innovazione’ come nuovo concetto di equilibrio del mercato.
In America nel 1939 pubblica ‘Cicli economici’, forte della esperienza della grave crisi economica. In essa venne spiegato l’andamento economico cosiddetto a ‘onde cicliche’ nel quale si alternano i diversi momenti economici della espansione, recessione, depressione e ripresa.
Nel 1942 pubblicò Capitalismo, socialismo e democrazia, l’opera della maturità, nella quale l’economista ribatte in parte alle teorie marxiste del capitalismo e del socialismo, e dove soprattutto vengono analizzate paragonandole l’impresa e la società capitalista. Nel 1954 venne pubblicata postuma l’opera Storia dell’analisi economica.
Schumpeter è in particolare conosciuto per essere stato contrario alle teorie Keynesiane e per avere contribuito alla creazione delle teorie manageriali e imprenditoriali oggi in uso nelle maggiori istituzioni economiche del mondo, comprese quelle della Unione Europea.
OPERE di Joseph Schumpeter
* Joseph A. Schumpeter, Il capitalismo può sopravvivere? La distruzione creatrice e il futuro dell’economia globale, ETAS, Milano, 2010.
* Joseph A. Schumpeter, Teoria dello sviluppo economico, ETAS, Milano, 2002. Traduzione della sesta edizione tedesca (1964), sulla scorta anche dell’edizione inglese del 1934, della Theorie der wirtschaftlichen Entwicklung, 1911, con Introduzione di Paolo Sylos Labini.
* Joseph A. Schumpeter, Capitalismo, socialismo e democrazia, ETAS, Milano, 2001. Traduzione di Capitalism, Socialism and Democracy, George Allen & Unwin, Londra, 1954, con Introduzione di Francesco Forte.
* Joseph A. Schumpeter, Storia dell’analisi economica, Boringhieri, Torino, 1982. Edizione ridotta della History of Economic Analysis, Oxford University Press, New York, 1954, a cura di Claudio Napoleoni, con nota biografica nella seconda di copertina.
* Joseph A. Schumpeter, Storia dell’analisi economica, Bollati Boringhieri, Torino, 1990. Traduzione completa della History of Economic Analysis con Introduzione e nota biografica di Giorgio Lunghini.
Le idee di Joseph Schumpeter
Il principale contributo di Joseph Schumpeter alla teoria economica è quello di aver spiegato i meccanismi che rendono il capitalismo un sistema intrinsecamente dinamico ed in continua evoluzione.
La teoria economica prima di Schumpeter descrive le economie di mercato come dei sistemi essenzialmente statici in cui le imprese producono sempre gli stessi beni ed utilizzano sempre le stesse tecnologie produttive. In questo schema, la concorrenza per la conquista di nuovi clienti si svolge essenzialmente sul fronte dei prezzi. La concorrenza è una battaglia tra imprese combattuta esclusivamente a colpi di ribassi sui prezzi.
Il mondo reale però è molto diverso da questa costruzione teorica. Nel mondo reale, osserva Schumpeter, le imprese non producono sempre gli stessi beni con tecniche immutate ma introducono di tanto in tanto nuovi prodotti, migliorano la qualità dei prodotti preesistenti, adottano nuove tecnologie produttive come pure nuovi modelli di organizzazione del lavoro. Anzi, l’introduzione di prodotti innovativi oppure di processi produttivi più efficienti rappresentano proprio gli strumenti più usati dalle imprese per farsi concorrenza. I clienti non si conquistano solamente con prezzi più bassi ma, soprattutto, si conquistano sfornando beni più appetibili e sviluppando tecniche di vendita più sofisticate. Insomma, l’interpretazione tradizionale della concorrenza basata solo sul prezzo non rappresenta per Schumpeter una descrizione soddisfacente di quello che accade nel mondo concreto degli affari. In questo mondo, gli imprenditori non combattono solo con i prezzi ma anche con altre armi come l’innovazione ed il marketing.
Il termine solitamente usato per sintetizzare la visione del capitalismo di Schumpeter è quello di Distruzione Creatrice. Al centro di questa visione si staglia la figura dell’imprenditore. L’imprenditore è colui che rischia sia risorse proprie sia risorse prese in prestito per investire in innovazione. L’innovazione, a sua volta, assume forme diverse. In alcuni casi, si tratta dell’introduzione di un prodotto a cui nessun altro imprenditore ha pensato prima. In altri casi, invece, consiste nell’introduzione di macchine e di tecniche produttive che abbattono i costi di produzione. Altre volte ancora, l’innovazione consiste nell’adottare nuove forme di organizzazione del lavoro che permettono di reagire con maggiore prontezza ai mutamenti del mercato.
Quando lo sforzo di innovazione è coronato da successo allora si può affermare che l’imprenditore ha modificato lo scenario economico, ha fatto sorgere un nuovo mercato oppure ha introdotto un nuovo metodo di produzione. Questo è il lato creativo dell’innovazione. Ma se questa creazione genera profitto per chi ne è stato l’artefice, è anche vero che essa genera perdite per coloro che ne subiscono le conseguenze negative. Si tratta degli imprenditori le cui merci e tecniche sono soppiantate dai nuovi prodotti e dai nuovi metodi di produzione, le loro imprese sono destinate al declino ed alla chiusura. Questo è il lato distruttivo dell’innovazione.
Un corollario della teoria della distruzione creatrice è la critica di Joseph Schumpeter agli schemi tradizionalmente usati per giudicare se un settore sia concorrenziale o meno. In base a questi schemi, la concorrenzialità di un settore dipende esclusivamente dal numero di imprese che vi operano. Se queste imprese sono numerose il settore è molto concorrenziale, se invece sono poco numerose il settore è poco concorrenziale. Al limite, se esiste una sola impresa, siamo agli antipodi della concorrenza dato che il settore è in monopolio.
Per Joseph Schumpeter, tuttavia, il grado di concorrenzialità di un settore non può essere identificato e misurato solo sulla base del numero di operatori. Anche un robusto monopolista, infatti, potrebbe essere destinato ad un improvviso ed imprevisto declino se un innovatore insidia la sua posizione. In breve, Schumpeter sostiene che oltre alla concorrenza effettiva occorre anche tener conto della concorrenza potenziale da parte di nuovi soggetti che potrebbero irrompere con nuovi prodotti o con nuove tecniche. In questo contesto, anche un’impresa che appare in una solida posizione di forza deve comportarsi come se avesse dei concorrenti e tentare di prevenire le mosse dei potenziali concorrenti futuri. Un valido metodo di prevenzione consiste proprio nell’anticipare le innovazioni altrui cosicché la spinta innovativa dei monopolisti potrebbe essere uguale se non maggiore rispetto a quella delle imprese più esposte alle pressioni competitive.
La distruzione creatrice è il meccanismo primario che governa l’evoluzione dei sistemi capitalistici. Per Schumpeter, le guerre, le rivoluzioni e, più in generale, i fattori esogeni di ordine sociale, politico, demografico etc. possono essere causa di mutamento economico. Ma si tratta comunque di fattori che hanno una rilevanza secondaria rispetto alla distruzione creatrice stimolata dalla ricerca di profitto. E’ come se il capitalismo, per sua stessa costituzione, disponesse di un meccanismo endogeno di rinnovamento.
Questo meccanismo di rinnovamento, però, non agisce con la stessa efficienza e la stessa velocità in tutti sistemi economici concreti.
In alcune economie, infatti, le innovazioni vengono introdotte più velocemente mentre in altre più lentamente. E’ pertanto compito degli economisti scoprire quali sono i fattori responsabili di queste differenti dinamiche ed, in definitiva, spiegare che cosa decreta il successo o l’insuccesso di un paese sul piano dello sviluppo economico.
La risposta che Schumpeter fornisce a questo interrogativo è soprattutto basata sul ruolo delle banche e della finanza privata.
Per Jospeh Schumpeter, la finanza e le banche private svolgono un compito essenziale nel convogliare le risorse dell’economia nella direzione di investimenti destinati a produrre innovazione. Esse, infatti, da un lato consentono di mobilitare il capitale necessario per innovazioni particolarmente costose e, dall’altro, sono in grado di giudicare meglio di un qualsiasi funzionario pubblico se una certa idea imprenditoriale meriti di essere finanziata o meno.
Il tasso di sviluppo economico di un paese è dunque direttamente legato al buon funzionamento del settore finanziario e creditizio.
L’eccezionale dinamica tecnologica degli ultimi venti anni offre un’incredibile serie di esempi che confermano l’analisi di Schumpeter. E nelle università, nei corsi introduttivi di economia, non manca mai un accenno al videoregistratore sconfitto dal dvd ed alle vecchie pellicole fotografiche spazzate via dai sensori ottici digitali.
Spesso però non si riflette abbastanza sulle conseguenze ultime di queste piccole storie di vincitori e di vinti. Il vincitore non è il sensore ottico ma le imprese e le persone che lo producono ed il perdente non è la pellicola fotografica ma tutti coloro che partecipavano alla vecchia filiera della fotografia, dai produttori di pellicole ai piccoli negozi in cui veniva fatto lo sviluppo. Nel corso degli ultimi 5-10 anni, ad esempio, sono stati chiusi quasi tutti gli stabilimenti che producevano pellicole e numerose persone hanno perso il loro posto di lavoro. Si tratta dell’aspetto più drammatico della distruzione creatrice.
La capacità di descrivere la dinamica capitalistica in modo così convincente ha reso Joseph Schumpeter molto popolare all’interno della professione economica negli ultimi due decenni. La moderna teoria della crescita deve molto alla sua eredità intellettuale. In particolare, gli economisti moderni danno ormai per acquisito che la crescita del benessere nelle economie avanzate sia frutto della capacità innovativa delle imprese. Gli schemi usati da buona parte della moderna teoria della crescita non sono altro che gli originari schemi di Schumpeter integrati ed arricchiti per tener conto del fatto che, in ultima analisi, la capacità innovativa è guidata dall’obiettivo del profitto ma non può realizzarsi senza lo sviluppo delle conoscenze scientifiche di base e senza il buon funzionamento delle leggi e delle istituzioni.
MATERIALE TRATTO DA:
-Wikipedia.it
-Austria-facile.com
-Economiascuola.it
- Colin Campbell | Sociologo Britannico - 29 Maggio 2024
- Howard Becker | Sociologo americano - 29 Maggio 2024
- Silvia Di Natale | Sociologa italiana - 26 Maggio 2024