
Kurt Heinrich Wolff è stato un sociologo statunitense, nato il 20 maggio 1912, a Darmstadt.
Diplomatosi nel 1932 a Darmstadt, analizza e approfondisce gli studi filosofici e sociologici a Francoforte, sotto la guida del sociologo tedesco Karl Mannheim, fondatore di uno degli studi più privilegiati e complessi della sociologia: la sociologia della conoscenza. Nel 1933, durante l’emanazione delle leggi razziali naziste introdotte in Germania, con l’aiuto di Carla Bruck, sua futura moglie, si trasferisce a Firenze iscrivendosi alla Facoltà di Lettere e Filosofia. Sino al 1939 rimane in Italia ma a causa delle leggi razziali fasciste lascia il territorio italiano.
Trasferendosi negli Stati Uniti, nel 1939, lavorò come assistente alla cattedra di sociologia alla Southern Methodist University (Texas). Nel 1943, prende una borsa di studio dal Social Science Research Council, che gli permette di studiare presso l’Università di Chicago e di condurre una ricerca sul campo in Nuovo Messico. Nel 1944 ottenne la cattedra di sociologia presso l’Earlham College (Indiana), e nel 1952 alla Ohio State University. Nel 1959 si trasferisce alla Brandeis University (Massachusetts) con la quale collabora fino al 1993.
A partire dal 1964, ha fatto parte del Consiglio di Amministrazione di “Sociological Abstracts” e dal 1966 al 1967 è visiting professor all’Università di Friburgo. Ha tradotto e divulgato molte opere dei sociologi Georg Simmel e Karl Mannheim traducendo dal tedesco in inglese. Dal 1966 al 1972, fu Presidente del Comitato di Ricerca sulla Sociologia della conoscenza dell’International Sociological Association. Dal 1972 al 1979 fu Presidente della Società Internazionale per la Sociologia della Conoscenza e membro onorario della Società Tedesca di Sociologia.
Nel 1987 a Darmstadt, viene insignito dell’onorificenza della Medaglia Johann Heinrich Merck.
Egli condanna la società contemporanea, facendo vari esempi di pericoli indotti dall’uomo, come quello nucleare. Wolff dice che “questa realtà che viviamo ci condiziona la vita e il pensiero. Allora la possibilità di una critica, è legato al concetto di surrender e catch, tra cui, ognuno di noi, “si trova generalmente a giudicare se stesso e la realtà circostante secondo una serie di schemi interpretativi precostituiti che si ricevono, per lo più acriticamente, dalla propria cultura e sono confusi e identificati con una realtà che si presume ‘oggettiva’”.
Da queste esperienze si giunge alla sua metodologia, “la resa”, “surrender”, come “amore cognitivo”, che ci consente di perdere tutte le certezze di cui eravamo certi e tutti i vecchi schemi di riferimento. Wollf si rivolge all’individuo e alle sue potenzialità autonome rispetto alla sua cultura ed a quello che è l’individuo, nonostante la sua tradizione, un “essere umano socializzato e acculturato”, per criticare la realtà contro i pericoli del pianeta.
Muore a Newton, il 14 settembre del 2003.
OPERE di Kurt Heinrich Wolff
- Versuch zu einer Wissenssoziologie (1968);
- Hingebung und Begriff. Soziologische Essays (1968);
- Trying Sociology (1974);
- Surrender and Catch (1976);
- Die persönliche Geschichte eines Emigranten, in: Srubar, Ilja (Hg.), Exil, Wissenschaft, Identität. Die Emigration deutscher Sozialwissenschaftler 1933-1945, Frankfurt am Main: suhrkamp, 1988, S. 13-22 (hier auch Quelle);
- o´Loma! (1989);
- Transformation in the Writing (1995);
- Soziologie in der gefährdeten Welt (1998).
Kurt Heinrich Wolff – VERSO UN’ANALISI DEL “SAPERE”.
LA SOCIOLOGIA DELLA CONOSCENZA E IL CONTRIBUTO DELLE ALTRE SCIENZE SOCIALI
di Claudia Coco
Nel campo della sociologia della Conoscenza Wolff ebbe una grande influenza, grazie alle traduzioni dal tedesco all’inglese, pubblicando e facendo conoscere negli Stati Uniti d’America, gli scritti dei sociologi Karl Mannheim e Georg Simmel.
Cos’è la sociologia se non quella “realtà” che aiuta a capovolgere ogni cosa? Se non quel modo complesso, eccentrico e straordinario di assaporare la società e le sue dinamiche individuali e collettive? La sociologia della conoscenza, studia il modo in cui la conoscenza analizza gli oggetti o il sapere “scolastico”, ovvero le modalità di produzione di tale sapere.
Studia gli aspetti del “conoscere” e l’analisi del “sapere” che ne comporta lo studio di una determinata realtà sociale. I termini “sociologia” e “conoscenza” non possono raggiungere una definizione universale ma sono legati da significati differenti. In Germania si parlò di “filosofia sociale”; in Inghilterra, la sociologia, era legata al positivismo ed empirismo. Il “Conoscere”, nel pensiero tedesco assume una connotazione teologica, metafisica, filosofica. O meglio, in Inghilterra, la conoscenza è associata al sapere scientifico, un sapere di “misurazione imperfetta” a mio parere.
Mannheim, associa la sociologia della conoscenza a quella realtà socio-scientifica che analizza il vortice relazionale tra la conoscenza ed esistenza, come ricerca, invece, un’analisi delle forme di queste relazioni, nello sviluppo intellettuale dell’umanità. Mannheim tratta a lungo delle conseguenze epistemologiche della sociologia della conoscenza, affermando che nell’ideologia del pensare “esista una sola verità assoluta che prescinde dalla condizione storico-sociale e che dipende da una concezione della conoscenza legata a fasi storiche determinate”. Ma nel suo tentativo di sfuggire alla concezione relativista, espone un’altra idea, quella del relazionismo, secondo cui “non si possono più accettare e concepire verità assolute ed indipendenti dal soggetto e dal contesto sociale”.
Ma a ciò sembra che lo stesso Mannheim, ci ponga due diverse scoperte con due modi differenti modi di percepire emotivamente la stessa scoperta, il combattere il relativismo con il relazionismo che si riduce ad un problema terminologico. E chi ha detto che analizzando una determinata realtà da un punto di vista relazionale, slegandola da alcune verità “dogmatiche”, venga superata l’incertezza e il dubbio che ne scaturisce?
Mannheim ne analizza la situazione del contadino che va a vivere in città: “da un lato egli relaziona la nuova realtà con la vecchia, percependo la seconda non più come ‘l’unica possibile e assoluta’, ma questa esperienza non lo esime da una situazione di dubbio”. Ma perchè e in quale modo l’esistenza sociale può condizionare la nostra conoscenza?
Se “il pensiero fosse razionalmente “dato” esso non potrebbe essere condizionato dall’esistenza sociale e quindi, in questo senso si deve riconoscere, un fattore extra-razionale, un carattere non puramente cognitivo ma emotivo del pensiero umano”, un mix tra l’investigazione sul condizionamento cognitivo e quello emotivo dell’esistenza.
Lo stesso Wolff definisce tale studio come: “sociologia del comportamento intellettuale ed emotivo”. La sociologia della conoscenza, l’antropologia culturale e la sociologia della cultura possono essere rilevati e diversificati, iniziando dal loro oggetto di studio che si lega alla dimensione conoscitiva. La cultura, come scrigno, in cui la conoscenza si colloca solo come una sua parte.
L’oggetto di studio dell’antropologia culturale fa riferimento anche a culture diverse da quella occidentale, invece, la sociologia della conoscenza si occupa solo di quest’ultima. Un problema che le accomuna è il relativismo, ovvero, per la sociologia della conoscenza è un problema il relativismo e la resa è una risposta a quest’ultimo, in quanto si tratta di un’esperienza assoluta, facendo riferimento all’uomo, indipendentemente dai suoi condizionamenti storico sociali.
Per l’antropologia non lo è, poiché questo ha validità politica di riconoscimento delle culture diverse, considerate differenti, senza apporre giudizi di valore, superando così l’etnocentrismo.
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