La pandemia non è uguale per tutti

Coronavirus pandemia

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Come l’emergenza Covid-19 ha ristrutturato gli edifici e le rappresentazioni planimetriche dei giovani.

Limbo esistenziale, incertezza del futuro e vagabondaggio sociale:

durante l’emergenza Covid-19 si è sentito spesso parlare di situazioni di disagio vissute dalla categoria dei giovani, disagi non solo occupazionali, ma anche esistenziali. Prima di sviscerare la complessa tematica, è utile comprendere chi sono oggi i giovani:

non esiste un range che racchiuda in maniera categorizzante e definitiva la fase in cui si è giovani, poiché l’appartenenza a tale categoria riguarda più che l’età, le condizioni di vita. Si è giovani quando non si è più dei bambini, ma non si è ancora degli adulti, si è giovani quando non si possiedono ancora gli strumenti socio-economici per lasciare il nucleo familiare di appartenenza.




Se fino agli anni novanta il percorso di vita dei soggetti era pre-strutturato in fasi ben delineate che ognuno tendeva a rispettare per soddisfare quelle che erano le aspettative familiari e sociali, oggi ci si trova in una società eterogenea e diversificata che non impone socialmente ai soggetti di compiere tappe prestabilite.

La società muta e si trasforma continuamente e con essa anche le possibilità e le opportunità che permettono ai giovani di lasciare in breve tempo la categoria di appartenenza per entrare a tutti gli effetti nel mondo degli adulti.

Come ha inciso la pandemia sulla categoria dei giovani? Essere giovani nel pieno della pandemia globale vuol dire porre in stand-by i propri progetti di vita e vedere minata la propria stabilità sociale; aspettare in stazione con un carico di progetti e non veder mai arrivare il treno; Istat: la crisi da Covid acuisce i divari nel mondo del lavoro. Giovani e donne i più colpiti.

La crisi ha interessato di più il Mezzogiorno e i giovani, “ma questa volta sono state soprattutto le donne – maggiormente impiegate nei servizi (il settore più colpito con 809 mila occupati in meno rispetto al secondo trimestre 2019) e in lavori precari – a subire gli effetti maggiori.

Oltre alle difficoltà occupazionali ed economiche, ciò che spesso viene accantonato è tutto ciò che questo continuo persistere e dondolarsi sull’altalena del presente può comportare a livello sociale: l’abbandono, la rinuncia e l’accontentarsi.

C’è il rischio che i giovani, coinvolti in un processo di ansia sociale persistente, si sentano in dovere di accettare condizioni di lavoro che in precedenza non avrebbero mai accettato: contratti poco stabili e paghe misere.

La pandemia non è quindi uguale per tutti: gli effetti sono diversificati in base alle condizioni sociali ed economiche di partenza ed essere giovani nel pieno di una pandemia globale rischia di far perdere di vista e di accantonare quelli che sono i propri obiettivi di vita.

Lo Stato dovrebbe intervenire concretamente attuando politiche mirate per favorire l’occupazione lavorativa della categoria dei giovani.




 

1 https://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/istat-crisi-covid-acuisce-divari-mondo-lavoro-giovani-donne-piu-colpiti-c600c7ca-7847-42ef-9880-e9d11c68752c.html

Raffaella Addato
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Nata nel 1992 a Napoli, si diploma al liceo delle scienze sociali dove scopre la passione per le discipline sociologiche. Laureata in Sociologia presso l’ateneo Federico II di Napoli con una tesi sul bullismo e il cyberbullismo, si specializza in problematiche dell’infanzia e dell’adolescenza presso l’Università Suor Orsola Benincasa. Lavora in contesti educativi con bambini e adolescenti in situazioni di disagio sociale, culturale e familiare e opera come volontaria in comunità minorili e case famiglia, è inoltre appassionata di scrittura e di giornalismo, ha scritto vari articoli di sociologia e inerenti al mondo del sociale.