
Luciano Gallino. Intellettuale di fabbrica.
Tra i sociologi italiani più rappresentativi di sempre, Luciano Gallino è nato a Torino nel 1927 e ha compiuto il proprio apprendistato tra il 1956 e il 1971, svolgendo al contempo attività di consulenza sino al 1979 nell’ambito delle scienze sociali per la mitica Olivetti, diretta dall’ingegnere Adriano Olivetti.
Luciano Gallino – Vita
Dal 1971 al 2002 è stato professore ordinario di Sociologia nella Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Torino e dal 1979 al 1988 è stato presidente del Consiglio Italiano delle Scienze Sociali. Dal 1987 al 1992 ha ricoperto la medesima carica nell’Associazione Italiana di Sociologia. E’ un punto di riferimento inossidabile per tutti quei sociologi e studiosi di sociologia che si occupano di lavoro, industria, economia e processi culturali. Basti pensare che è anche autore del glorioso Dizionario di Sociologia, pubblicato dalla Utet nel 1978.
E’ considerato uno dei maggiori intenditori dei mutamenti del mercato del lavoro, avendo nutrito un forte interesse per i modelli di azione nelle società ad avanzato sviluppo tecnologico ed essendosi occupato dell’influenza dell’informatica sulla dimensione sociale e culturale del comportamento umano.
Luciano Gallino e il suo pensiero
Infatti, i suoi più importanti campi di ricerca sono stati la teoria dell’azione e quella dell’attore sociale, le derivazioni socio-culturali della scienza e della tecnologia, gli aspetti socio-culturali delle nuove tecnologie di comunicazione. Ha focalizzato la sua attenzione sulla globalizzazione e sulle disuguaglianze generati dalle nuove tecnologie e dalla new economy.
Si è spesso occupato di lavoro, giungendo alla conclusione che è e dovrebbe rimanere un diritto e non una merce (es. Jobs Act, vero e proprio baluardo della mercificazione del lavoro), focalizzandosi sugli effetti perversi del lavoro flessibile. Ne L’impresa irresponsabile (2005) evidenzia come sia gravoso, per un’impresa, concentrarsi univocamente sull’accumulazione di plusvalore per gli azionisti.
Antitetico alle teorie marxiane, i suoi saggi abbracciano più propriamente quell’idea riformista di impresa responsabile, nella quale gli azionisti non fungano soltanto da ottimizzatori del profitto, bensì assumano invece un atteggiamento di predisposizione e di convivialità con lavoratori, famiglie, ambiente e servizi sociali circostanti. Luciano Gallino criticato il neoliberismo come ideologia dominante e come idea cardine di trasformazione del mondo e della società in mercato e in impresa.
Per Luciano Gallino, l’attuale crisi economica ed ecologica che stiamo vivendo è stata provocata dall’accrescimento incontrastato della ricchezza finanziaria da parte di banche e di privati che non hanno avuto alcun riguardo per le condizioni del lavoro e dei lavoratori. A maggior ragione, a uscirne stravolto è lo stesso senso comune intorno alla sfera del lavoro:
“E’ passata l’idea secondo cui è il lavoratore che deve sentirsi in debito perché ha un lavoro”. Luciano Gallino parla quindi di una vera e propria sconfitta politica, sociale e morale, arrivando così a denunciare la vittoria della stupidità delle attuali classi governanti. Sconfitta causata dall’estromissione di due idee di primo ordine: quella di uguaglianza e quella di pensiero critico.
Partiamo dalla prima: l’idea di uguaglianza, termine dotato di un potere significativo straordinario ma che, appena viene evocato, fa storcere ogni volta più di qualche naso. Eppure questa famosa parolina nel secolo scorso aveva un’importanza davvero notevole, soprattutto negli anni trenta con Roosevelt negli Usa e in Europa attraverso le politiche keynesiane, la nascita dei sistemi di welfare e la redistribuzione dei redditi.
Poi, alla fine degli anni settanta è cominciato un attacco spregiudicato all’idea di uguaglianza, di fraternità, di solidarietà e di conseguenza alla stessa libertà. Mentre venivano sistematicamente espletati “tagli micidiali all’istruzione, all’università, alle pensioni, alla sanità, in base all’assunto del tutto falso che eravamo tutti vissuti al di sopra dei nostri mezzi”, le riforme imposte dall’Eurozona [= si ricordi che era a favore dell’uscita] “lasciano senza dubbio intendere che in gioco non c’è soltanto la demolizione dello stato sociale, ma la ristrutturazione dell’intera società secondo il modello della cultura politica neoliberale”.
Ma non solo: “Causa fondamentale della sconfitta dell’uguaglianza è stata, dagli anni Ottanta in poi, la doppia crisi, del capitalismo e del sistema ecologico, quest’ultima strettamente collegata con la prima”.
Dinanzi alla crisi, secondo Luciano Gallino, il capitalismo ha reagito “accrescendo lo sfruttamento irresponsabile dei sistemi che appoggiano la vita nonché ostacolando in tutti i modi gli interventi che sarebbe necessario adottare prima che sia troppo tardi. Il tutto con il ferreo sostegno di una ideologia, il neoliberalismo, che riducendo tutto e tutti a mere macchine contabili dà corpo a una povertà del pensiero e dell’azione politica che non si era forse mai vista nella storia”. E quindi, la crisi del capitalismo e la crisi ecologica “non sono due eventi che si possano affrontare distintamente”. Occorre dunque gettare le fondamenta per l’edificazione di un nuovo soggetto politico e sociale, consapevole e responsabile, in grado almeno di democratizzare nuovamente il capitalismo. Serve una massa corposa di elettori e “un gruppo di dirigenti capaci di diffondere le idee per una vera e propria svolta politica”.
Ma se una vera forza di opposizione non si realizzasse neanche ora, “quello che ci attende è un ulteriore degrado dell’economia e del tessuto sociale”. E quindi, ancora un invito ai nipoti, ovvero a noi: “Se riuscirete a costruirvi un’immagine dell’essere umano da creare in voi, ispirata da fini ultimi piuttosto che dai precetti della finanza, vi verrà naturale pensare a quale sarebbe il genere di società in cui quel tipo di essere umano vorrebbe vivere e che vorreste impegnarvi a realizzare. (…) Nessuno è veramente sconfitto se riesce a tenere viva in se stesso l’idea che tutto ciò che è può essere diversamente e si adopera per essere fedele a tale ideale”.
Luciano Gallino era un intellettuale che amava più di ogni cosa il pensiero critico, inteso come quella capacità indissolubile di esercitare un giudizio cercando quali alternative esistano anche in situazioni dove non sembrano essercene, e di scegliere tra di esse guardando a quelle che vanno in direzione dei fini ultimi piuttosto che alla massimizzazione dell’utile e non smetteva di praticarlo e di insegnarlo.
Perché è sempre importante dire il vero, demistificare punto per punto le apparenze e sbugiardare tutte quelle menzogne che provengono dai salottini del potere perché, come recita una celebre frase di Rosa Luxemburg citata da Gallino nella sua ultima opera Il denaro, il debito e la doppia crisi, spiegati ai nostri nipoti: “Dire ciò che è, rimane l’atto più rivoluzionario”.
Luciano Gallino – Un intellettuale critico
Numerosi gli interventi negli scritti di Luciano Gallino fortemente critici con il capitalismo attuale e la situazione italiana.
“Il nostro Paese ha perso o fortemente ridotto la sua capacità produttiva in settori industriali nei quali era stato fra i primi al mondo. È il caso dell’informatica e della chimica. L’Italia industriale è uscita quasi completamente da mercati in continua crescita quali l’elettronica di consumo. Né è pervenuta a far raggiungere un’adeguata massa critica a industrie dove ancora possiede un grande capitale di tecnologia e di risorse umane, come l’aeronautica civile. Dove essa esisteva, l’ha frantumata: è avvenuto con l’elettromeccanica ad alta tecnologia. Resta in piedi un ultimo settore della grande industria, l’automobile, la cui crisi procede peraltro verso esiti al momento imprevedibili. I costi economici e sociali di tali vicende sono stati immensi. Come lo è il rischio di diventare una colonia industriale di altri paesi. Non è stata un’impresa da poco, aver lasciato scomparire interi settori produttivi nei quali si eccelleva; né aver mancato le opportunità per riuscirvi in quelli dove esistevano le risorse tecnologiche e umane per farlo. Sembra lecito chiedersi come ci si è riusciti. Questo saggio prova a delineare alcune risposte.” (la scomparsa dell’Italia industriale – Acquista subito ► http://amzn.to/1ZCIkbb)
Nel libro attacco allo Stato Sociale, viene mostrato come i governi attaccano il Welfare, il modello dello stato sociale. Ma è stato piuttosto il salvataggio degli istituti finanziari a gravare sul debito. È dunque fondamentale difendere il modello sociale europeo e mostrarne la sua equità e sostenibilità. Acquista online ►
“E’ stato favorito lo sviluppo senza limite delle attività speculative dei grandi gruppi finanziari. Avere lasciato il potere di creare denaro per nove decimi alle banche private è un difetto che sta minando alla base l’economia.” – Acquista online ►
“Mega-macchine sociali: sono le grandi organizzazioni gerarchiche che usano masse di esseri umani come componenti o servo-unità. Esistono da migliaia di anni. Le piramidi dell’antico Egitto sono state costruite da una di esse capace di far lavorare unitariamente (appunto come parti di una macchina) decine di migliaia di uomini per generazioni di seguito. Era una mega-macchina l’apparato amministrativo- militare dell’impero romano. Formidabili mega-macchine sono state, nel Novecento, l’esercito tedesco e la burocrazia politico-economica dell’Urss.
Come macchina sociale, il finanzcapitalismo ha superato ciascuna delle precedenti, compresa quella del capitalismo industriale, a motivo della sua estensione planetaria e della sua capillare penetrazione in tutti i sottosistemi sociali, e in tutti gli strati della società, della natura e della persona. Così da abbracciare ogni momento e aspetto dell’esistenza degli uni e degli altri, dalla nascita alla morte o all’estinzione. Perché il finanzcapitalismo ha come motore non più la produzione di merci ma il sistema finanziario. Il denaro viene impiegato, investito, fatto circolare sui mercati allo scopo di produrre immediatamente una maggior quantità di denaro. In un crescendo patologico che ci appare sempre più fuori controllo.”
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