Paolo Jedlowski è nato a Milano nel 1952, è un sociologo e docente di sociologia italiano.
Dopo essersi laureato in Filosofia all’Università Statale di Milano, ha studiato Sociologia in Italia e negli Stati Uniti. È attualmente professore ordinario di Sociologia all’Università della Calabria, dove ha insegnato anche dal 1992 al 2004. È stato, inoltre, docente di Sociologia presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” e di Sociologia della comunicazione all’Università della Svizzera italiana.
È stato coordinatore nazionale della sezione “Vita quotidiana” dell’Associazione italiana di sociologia (AIS). All’Università della Calabria ha fondato e dirige Ossidiana, Osservatorio sui processi culturali e la vita quotidiana. È autore di ricerche sulla comunicazione nella vita quotidiana. Si occupa di sociologia della cultura, di teoria sociale, di sociologia della vita quotidiana e di storia della sociologia.
Ha pubblicato manuali di storia del pensiero sociologico e volumi sulla vita quotidiana, sull’esperienza, sulla memoria collettiva e sulla capacità di narrare.
Opere di Paolo Jedlowski
- Il racconto come dimora. Heimat e le memorie d’Europa;
- Un giorno dopo l’altro. La vita quotidiana fra esperienza e routine;
- Sociologia della vita quotidiana;
- Fogli nella valigia. Sociologia e cultura;
- Memoria, esperienza e modernità;
- Pagine di sociologia;
- Sociologia;
- Storie comuni. La narrazione nella vita quotidiana;
- Il mondo in questione. Introduzione alla storia del pensiero sociologico;
- Il sapere dell’esperienza;
- In un passaggio d’epoca. Esercizi di teoria sociale;
- Memorie del futuro. Un percorso tra sociologia e studi culturali.
Il pensiero di Paolo Jedlowski
Nel corso degli anni, Paolo Jedlowski ha affrontato una serie di temi dell’indagine sociologica, quali la teoria sociale, la vita quotidiana, la memoria e la sociologia del futuro. La sociologia ha contribuito a comprendere gli aspetti sociali dei processi mnestici.
Partendo dagli studi pionieristici sull’argomento effettuati da Maurice Halbwachs, Jedlowski considera la memoria collettiva come il fondamento e l’espressione dell’identità di un gruppo. In quanto fondamento dell’identità, la memoria collettiva ha il suo nucleo nelle rappresentazioni che riguardano le origini del gruppo.
In quanto espressione dell’identità, la memoria collettiva richiama e rafforza i valori e le norme legati al patrimonio culturale del gruppo stesso. La memoria collettiva rappresenta il passato interpretandolo: ogni gruppo seleziona e riorganizza tutte le immagini del passato, in relazione al presente. Tali processi di riorganizzazione creano ricorrenti conflitti tra le esigenze contrastanti dei diversi gruppi che le compongono.
Si può distinguere la memoria collettiva dei singoli gruppi dalla memoria sociale, da intendersi come l’intersezione o il prodotto delle dinamiche reciproche delle diverse memorie collettive presenti in una società.
In “Memorie del futuro. Un percorso tra sociologia e studi culturali” ha offerto molti spunti di riflessione per la ricerca. L’interesse per la memoria del futuro è nato dai lavori svolti sul tema della memoria; infatti, occupandosi delle memorie collettive e individuali si è reso conto di trattare sempre di memorie traumatiche, dolorose, tralasciando il ricordo delle speranze.
Per Paolo Jedlowski, il futuro si realizza dall’intersezione di infiniti progetti e speranze. Spinto dal desiderio di considerare anche le memorie positive, ha coniato il termine “memorie del futuro”. Riprende la distinzione di Niklas Luhmann tra “presenti futuri”, ossia i momenti che devono ancora avvenire, e il “futuro presente”, ossia il futuro che immaginiamo attualmente.
Per Luhman, i “presenti futuri” rappresentano il futuro vero e proprio, quello che ci sarà domani; invece il “futuro presente” è il futuro che oggi, ora, noi ci rappresentiamo. J., nello specifico, è interessato al futuro che ci immaginiamo.. Il futuro è incerto e in ogni società ci sono molti attori e gruppi sociali che in parte competono intorno alla definizione dei futuri probabili, possibili, impossibili.
Questi attori competono perché quelle rappresentazioni hanno influenza: infatti, se mi aspetto che una certa cosa è impossibile, la rendo impossibile; se dico, invece, che un certo futuro è quello probabile, genererò altre conseguenze. Qui vediamo che, nel suo pensiero, Jedlowski riprende Merton, il quale diceva che, quando noi ci aspettiamo una cosa, ci comportiamo in conseguenza di questa aspettativa e, a volte, diventa realtà.
Nel discorso pubblico, in ogni società, si sviluppano le “egemonie” di certi discorsi piuttosto di altri, ma per ogni narrazione egemonica, c’è sempre anche una contro-egemonia, cioè esistono altre versioni, e tra queste vi sono conflitti. Paolo Jedlowski ha definito l’idea di progresso una “grande narrazione” del futuro, a lungo egemonica. Oggi questa idea di progresso è in crisi, poiché si ha la percezione che il progresso ci sia, ma non sia inclusivo e, quindi, sia solo per alcuni. Inoltre, il progresso tecnologico mostra aspetti negativi: per esempio, basta pensare alla distruzione in corso delle risorse naturali o al fatto che consumiamo di più di quello che produciamo.
In “Storie comuni. La narrazione nella vita quotidiana”, Paolo Jedlowski analizza i racconti che facciamo oralmente nelle conversazioni della nostra vita. Raccontare vuol dire instaurare relazioni sociali e, in ogni racconto, sono fondamentali i fatti avvenuti, la forma del racconto e la relazione che si instaura tra chi racconta e chi ascolta, gli stimoli reciproci che intervengono tra il narratore e il suo pubblico.
Come afferma Jedlowski: “narrare è un’azione transitiva in senso duplice: si narra qualcosa e si narra a qualcuno”. La principale funzione del raccontare è quella di evitare di dimenticare determinate situazioni ed eventi della nostra vita. Paolo Jedlowski individua alcune funzioni sociali della narrazione quotidiana:
La funzione comunitaria, nella quale la narrazione consiste nel mettere in comune una storia e ciò presuppone un legame di reciprocità tra narratore e destinatario, che stabiliscono un contratto e costruiscono una comunità;
La funzione empatica, in cui si mettono in comune delle storie e si condivide la conoscenza di determinate vicende. Anche il carico di emozioni che la storia può comportare viene messo in comune: la narrazione costruisce un’empatia, un sentire comune.
La funzione normativa, in cui le storie mettono in scena sistemi di norme e di valori che possono avere una funzione normativa. È l’ambito in cui la narrazione diventa uno strumento di controllo e di integrazione sociale;
La funzione ludica, dove la narrazione ha una dimensione fantasiosa e non dipende dai contenuti, ma piuttosto dal gioco creativo che in narrare comporta. Narrare è un modo di passare il tempo, è un gioco;
La funzione cognitiva, dove ogni racconto è costituito dall’intreccio di avvenimenti, personaggi ed azioni tenuti insieme da uno schema di relazioni e interconnessioni;
La funzione identitaria. Mettere una storia in comune significa esprimere, costruire, confermare o cercare attraverso la relazione il riconoscimento di un’identità;
La funzione mnestica, in cui nella narrazione la memoria del narratore si fa memoria comune.
- Ernest Greenwood | Sociologo USA - 17 Aprile 2018
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