Robert Michels è stato un sociologo e politologo italo-tedesco, nato in Colonia il 9 gennaio 1876. Appartenne ad una ricca famiglia tedesca di imprenditori e studiò in prestigiose università di Inghilterra, alla Sorbona (Parigi), Monaco di Baviera, Lipsia, Halle e Torino.
Si iscrisse al Partito Socialdemocratico di Germania (SPD) mentre era ricercatore universitario all’Università di Marburgo (1902), candidandosi alle elezioni nazionali come socialista (1903).
Lasciò l’SPD nel 1907, dopo essersi trasferito in Italia. Fu allievo di Max Weber e nel 1911 acquistò notorietà con il saggio “Zur Soziologie des Parteiwesens in der modernen Demokratie” (“La sociologia del partito politico nella democrazia moderna : studi sulle tendenze oligarchiche degli aggregati politici”), in cui mostrava come i partiti politici, anche quelli socialisti più estremi, si trasformassero velocemente in burocrazie oligarchiche, generando così, il suo più noto campo di ricerca, cioè la legge ferrea dell’oligarchia.
Robert Michels era molto attratto dall’Italia e ciò lo spinse a cercare una cattedra e nel 1907 ottenne quella dell’Università di Torino, dove insegnò Economia Politica e Sociologia Economica. Nel 1914 divenne ordinario di economia all’Università di Basilea, fino al 1926. Dopo la Prima guerra mondiale aderì al Fascismo, partito dell’ex socialista Benito Mussolini. Passò i suoi ultimi anni in Italia, insegnando dal 1927 Economia politica a Perugia come professore ordinario. Nel 1933 rappresentò l’Italia a Parigi, descrivendo il fascismo come un movimento pacifista e antirazzista. Morì il 3 maggio 1936, a Roma.
Opere di Robert Michels
Il proletariato e la borghesia nel movimento socialista italiano: saggio di scienza sociografico-politica, 1908;
La democrazia e la legge ferrea dell’oligarchia: saggio sociologico, 1910;
La sociologia del partito politico nella democrazia moderna: studi sulle tendenze oligarchiche degli aggregati politici, 1912;
I limiti della morale sessuale: prolegomena: indagini e pensieri, 1912;
Probleme der Sozialphilosophie, 1914;
L’imperialismo italiano: studi politico-demografici, 1914;
Amour et chasteté; essais sociologiques, 1914;
L’organizzazione del commercio estero, 1924;
Sozialismus und Fascismus in Italien, München, 1925;
Sozialismus in Italien: intellektuelle Strömungen, 1925;
Storia critica del movimento socialista italiano: dagli inizi fino al 1911, 1926;
Corso di sociologia politica: lezioni tenute nel maggio 1926 per incarico della Facoltà di Scienze politiche della Regia Università di Roma, Milano, 1927;
Sittlichkeit in Ziffern? Kritik der Moralstatistik, 1928;
Einflusz der faschistischen Arbeitsverfassung auf die Weltwirtschaft, 1929;
Disamina di alcuni criteri direttivi per la storia delle dottrine economiche, 1929;
Italien von heute, politische und wirtschaftliche Kulturgeschichte von 1860 bis 1930, 1930;
Zum Einfluss der klassischen italienischen Nationalökonomie auf die Dogmengeschichte, Jena, 1931;
Introduzione alla storia delle dottrine economiche e politiche: con un saggio sulla economia classica italiana e la sua influenza sulla scienza economica, 1932;
Prolegomena sul patriottismo, 1933;
Il boicottaggio: saggio su un aspetto delle crisi, 1934;
Le boycottage international: boycottage economique et crises politiques, boycottage et crises economiques, preface et traduction de Gaston Bouthoul, 1936.
LA SCIENTIFICITÀ DELLA LEGGE FERREA DELL’OLIGARCHIA
Di Claudia Coco
Robert Michels nel saggio “La sociologia del partito politico nella democrazia moderna: studi sulle tendenze oligarchiche degli aggregati politici” studiò il partito socialdemocratico tedesco, concludendo che nel partito politico si attuano le stesse dinamiche che interessano lo Stato. Studiò i meccanismi degenerativi del sistema di delega e rappresentanza nel partito socialdemocratico tedesco.
Sebbene questo fosse il partito che nella Germania del primo Novecento dichiarasse di ispirarsi a valori e pratiche democratiche, esso era diretto da un’oligarchia burocratizzata che deteneva il monopolio del potere e delle conoscenze. Il gran numero di iscritti e la mole dei problemi posti dalla complessa organizzazione del partito, avevano favorito la formazione di una classe di funzionari specializzati nella gestione del partito, in modo che l’azione pubblica di questa classe s’ispirasse più alla tutela dell’apparato burocratico gestito che non alla difesa degli ideali per cui l’organizzazione era nata.
La classe dei dirigenti si era progressivamente consolidata in un’ élite senza ricambio, in cui il richiamo ai valori originari di democrazia e partecipazione, si riduceva ad un rituale di facciata. Il prevalere di una logica di autoconservazione delle élite, non trova una spiegazione sufficiente nell’opportunismo individuale dei dirigenti, ma esistono dei meccanismi impersonali riferenti al funzionamento dell’organizzazione che impongono scelte direzionate alla tutela dello strumento piuttosto che al perseguimento degli obiettivi per cui lo strumento è stato istituito: “è legge sociale immutabile, che in ogni organo di una collettività nato da una divisione del lavoro, sorga, non appena esso si è consolidato, un interesse proprio, un interesse in sé e per sé”.
Il parlamento diventa il luogo in cui le burocrazie dei partiti si accordano: “io di rivoluzioni ne ho viste tante, di democrazie mai”. Con il tempo, chi occupa cariche dirigenti si “imborghesisce”, allontanandosi dalla base e andando a creare un’élite compatta, dotata di spirito di corpo. Nello stesso tempo, l’obiettivo fondamentale del partito diventa la sopravvivenza dell’organizzazione, e non la realizzazione del suo programma. Nel parlamento non esiste una vera e propria competizione tra partiti, poiché i vari dirigenti hanno interesse a perdurare la situazione in essere. Robert Michels aderisce all’elitismo e per rendere noto il suo pensiero, si approccia ad una dimensione scientifica e non ideologica, di cui:
- “sulla base democratica si innalza, nascondendola, la struttura oligarchica dell’edificio” (descrizione degli effetti dell’organizzazione sulle strutture politiche cui partecipano le masse);
- “Chi dice organizzazione dice tendenza all’oligarchia”, cioè l’organizzazione e la degenerazione oligarchica causano “mutamenti genetici” nei partiti socialdemocratici in cui le masse non possono più interferire con le decisioni, i capi non sono più gli organi esecutivi della volontà della massa ma si emancipano dalla massa stessa. Il partito politico è distante dalla comune idea di democrazia. Il principio della democrazia è ideale e legale ma non è reale in quanto la base non può scegliere nulla (“la scienza ha il dovere di strappare questa benda dagli occhi delle masse”);
- “La formazione di regimi oligarchici nel seno dei sistemi democratici moderni è organica. L’organizzazione è la madre della signoria degli eletti sugli elettori”.
A differenza di Max Weber, ritenendo che il carisma del leader si formi in Parlamento, Michels ritiene che per esserci carisma non si possa prescindere da un rapporto diretto e non mediato con il popolo. Nel sistema teorico di Robert Michels, il parlamentarismo è una falsa leggenda, “non siamo noi che votiamo i rappresentanti ma i rappresentanti che si fanno scegliere da noi”; lo Stato non importa alla maggior parte delle persone, non si può sperare che la partecipazione parta dal basso; le classi politiche non si sostituiscono ma si servono della cooptazione per non perdere il loro potere; l’opposizione parlamentare si lega con la classe politica al governo, e i movimenti popolari sono inutile, perché chi li guida abbandona la massa e viene assorbito dalla classe politica.
Robert Michels, elabora le sue tesi grazie all’osservazione del Partito Socialdemocratico Tedesco, fornendo quattro prove a sostegno della sua tesi:
1. La democrazia non è concepibile senza un’ organizzazione;
2. L’organizzazione genera una solida struttura di potere che finisce per dividere qualsiasi partito o sindacato in una minoranza, che ha il compito di dirigere, e una maggioranza diretta dalla prima;
3. Lo sviluppo di un’organizzazione produce burocratizzazione e centralizzazione, creando una leadership stabile, che col tempo, si trasforma in una casta chiusa e stabile;
4. L’insorgere dell’oligarchia deriva anche da fattori psicologici, come la “naturale sete di potere” di chi fa politica e il “bisogno” delle persone di essere comandate.
Michels è stato oggetto di molte critiche da parte della cultura democratica del secondo dopoguerra, le stroncature mosse da Gramsci a Michels e le sue imprecisioni derivarono dal mancato riferimento di un insieme di valutazioni che non riguardavano tanto, o solo, la questione partito, e che rimandavano a un quadro reso più complesso da altri fattori, tra cui quello del “nazionalismo italiano” esibito da Michels.
Gramsci fece alcune critiche, di metodo e di contenuto, sulla “classificazione dei partiti del Michels”, giudicata “molto superficiale e sommaria, per caratteri esterni e generici”. Ricordava che accanto ai tre tipi generali, partiti carismatici, di classe e dottrinari, sarebbe occorso menzionare anche i partiti repubblicani in regime monarchico e i partiti monarchici in regime repubblicano, quindi per Gramsci “le idee di Michels sui partiti politici ‘erano’ abbastanza confuse e schematiche, ma ‘erano’ interessanti come raccolta di materiale grezzo e di osservazioni empiriche e disparate”, che “gli errori di fatto non ‘erano’ pochi”, che “le sue scritture ‘erano’ zeppe di citazioni bibliografiche, in buona parte oziose e ingombranti”.
“La pura descrittività e classificazione esterna della vecchia sociologia positivistica sono un altro carattere essenziale di queste scritture del Michels: egli non ha nessuna metodologia intrinseca ai fatti, nessun punto di vista critico che non sia amabile scetticismo da salotto o da caffé reazionario che ha sostituito la sbarazzineria altrettanto superficiale del sindacalismo rivoluzionario e del sorellismo”.
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