Ulrich Beck – il Sociologo della società del rischio
“Cosa può fare nella società mondiale del rischio il “cittadino consapevole” che non ha organi di senso per questi pericoli prodotti dal progresso e di conseguenza è privato della sovranità del proprio giudizio?”.
Ulrich Beck è stato un sociologo tedesco (1944-2015), considerato fra i maggiori teorici della sociologia del rischio e dei fenomeni sulla globalizzazione e sull’individualizzazione. Nella sua opera maggiore, Società del Rischio, Ulrich Beck propose una distinzione ben precisa tra una prima e una seconda fase della modernità, quest’ultima corrispondente ad un’ulteriore modernizzazione della modernità medesima.
Il Pensiero
La prima fase della modernità si è resa necessaria come diretta conseguenza degli effetti derivanti dall’avvento e dall’estensione delle rivoluzioni politiche e industriali. Essa, in particolare nel secolo scorso, si è contraddistinta per la creazione di una società a tutti gli effetti statale e nazionale, dotata di burocrazia amministrativa, strutture collettive e gerarchia nei rapporti di produzione. Ma non solo: si è caratterizzata anche per mezzo dell’instaurazione dei precetti insiti nel processo globale di secolarizzazione, per il raggiungimento dell’obiettivo del pieno impiego, per mezzo di una fase di industrializzazione in rapida ascesa, ma anche per uno sfruttamento della natura non ancora visibile, a vantaggio della riproduzione monetaria del capitale (con tutti gli effetti collaterali, comprensivi del pacchetto, che ne sono derivati).
Ulrich Beck osserva che nella seconda fase della modernità, ossia quella che stiamo oggigiorno attraversando, ci stiamo impegnando profondamente in una discussione e in una riflessione analitica di suddette “conquiste ed acquisizioni”, ecco perché Beck sostiene con convinzione che stiamo vivendo una fase particolarmente concitata di “modernità riflessiva”.
Una fase epocale nella quale, secondo Ulrich Beck, vengono capillarmente messe sotto esame le insufficienze e le contraddizioni insite nella prima fase della modernità. E’ innegabile che il mondo circostante sia oggigiorno radicalmente cambiato: occorre fronteggiare una molteplicità di fattori nuovi tra i quali spiccano sicuramente la globalizzazione, l’individualizzazione, la disoccupazione, la sottoccupazione, senza tralasciare i rischi globali della crisi ecologica e della turbolenza del capitale finanziario. Dinanzi a queste nuove emergenze, occorre che si intraprendano nuove linee di azione e di coerenza.
Ulrich Beck sottolinea che il Novecento è stato un secolo estremamente buio, nel quale si sono alternate due sanguinose guerre mondiali, l’Olocausto, il fascismo e il regime sovietico. Adesso ci si sta indirizzando nella edificazione di un’Unione degli Stati Europei che comunque sta portando con sé tutta una serie di incertezze, paradossi e minacce incombenti, margini di rischiosità per l’appunto, sui quale bisogna intervenire con coscienza.
Secondo Ulrich Beck, essi potranno essere aggirati se riusciremo a produrre maggiore sviluppo economico, migliore tecnologia, una più equa distribuzione reddituale, se si creeranno le condizioni per un debito pubblico sostenibile, se si riuscirà ad abbattere il tasso di inflazione e così via. Condizioni preminenti che saranno finalizzate all’annientamento/alleviamento della disoccupazione e al contenimento dell’egoismo individualizzato.
Per Beck viviamo in una società mondiale del rischio, in una società globale della “caoticità” e di ciò ne dobbiamo, per forza, prendere atto. Dinanzi a queste sfide di un’urgenza non sottovalutabile ma anche non pienamente identificabile, Ulrich Beck invita gli Stati moderni a non farsi trovare impreparati.
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