Biografia di Benedetto Croce
Benedetto Croce nacque a Pescasseroli (AQ) il 25 febbraio 1866. La famiglia, profondamente cattolica, era saldamente ancorata a principi conservatori di stampo borbonico: il giovane Benedetto, quindi, crebbe in un clima molto austero per religiosità e costumi. Fu questo, probabilmente, a far nascere in lui il germe di una profonda avversione per tutto ciò che è irrazionale: fin da ragazzo, infatti, manifestò un aperto distacco nei confronti della religione tradizionale, alla quale non si riavvicinò mai più.
Ancora adolescente, la sua vita fu segnata da una grave tragedia: il futuro filosofo, infatti, perse entrambi i genitori nel terremoto di Casamicciola (1883). Lui stesso restò sepolto sotto le macerie per molte ore, riportandone traumi in tutto il corpo. Questi eventi drammatici influirono in modo significativo sulla formazione del suo pensiero.
Dopo la morte dei genitori, Benedetto fu accolto insieme al fratello nella casa romana del cugino Silvio Spaventa, dove rimase fino all’età di vent’anni. Qui frequentò assiduamente un cenacolo di politici ed intellettuali, fra i quali Antonio Labriola, che ebbe un peso decisivo nella sua adesione al marxismo. Di Labriola, Croce seguì i corsi di filosofia morale a Roma; nonostante fosse iscritto alla facoltà di Giurisprudenza (dove non terminò mai gli studi), si dedicò con sempre maggior fervore alle letture erudite, alla filosofia, alla letteratura e alla storia, appassionandosi soprattutto alle opere di Francesco De Sanctis e alla poesia carducciana.
Trasferitosi a Napoli, nel 1890 partecipò alla fondazione di un circolo di intellettuali e amici denominato “Società dei Nove Musi”. Attraverso la lettura di Marx cominciò ad approfondire la filosofia hegeliana, per la quale in passato aveva nutrito scarso interesse.
Nel 1903 fondò il periodico di critica letteraria “La Critica” con l’amico e collaboratore Giovanni Gentile, insieme al quale sviluppò anche una riforma scolastica che fu poi applicata diversi anni dopo (la cosiddetta “Riforma Gentile”). La rivista divenne in breve tempo una delle maggiori pubblicazioni culturali del Novecento e svolse la sua attività per quasi mezzo secolo (dal 1903 al 1949).
Dopo aver partecipato per alcuni anni alla vita politica in qualità di senatore e ministro della Pubblica Istruzione, fu vicino a Mussolini nella fase iniziale del suo governo, credendo di ravvisare nel fascismo un possibile passaggio verso uno stato liberale. Il delitto Matteotti disilluse completamente queste sue aspettative, tanto da allontanarlo in modo definitivo dalle posizioni fasciste.
Da quel momento in poi, Croce restò uno dei pochi antifascisti tollerati dal regime; la “Critica” non venne soppressa da Mussolini solo a motivo della sua elevata tiratura. Tutte le accademie a cui apparteneva lo espulsero.
Croce potè riprendere la sua attività politica solo in seguito alla caduta di Mussolini: ebbe la presidenza del partito liberale e nel 1944 fu ministro, prima sotto il governo Badoglio, poi sotto il governo Bonomi.
Ricomiciò a partecipare a tutti gli effetti alla vita culturale italiana, fondando a Napoli l'”Istituto italiano per gli studi storici” (1946), con l’intento di avviare i giovani allo studio del rapporto fra la storia e le scienze filosofiche.
Sposato dal 1914 con Adele Rossi, da cui ebbe cinque figli, Benedetto Croce morì a Napoli nel 1952 per un ictus cerebrale.
Opere di Benedetto Croce
Benedetto Croce scrisse su svariati argomenti che vanno dalla critica letteraria all’erudizione, dalla filosofia alla storia letteraria e politica.
Tra le opere più significative del filosofo abruzzese si ricordano:
- “La logica come scienza del concetto puro” (1909)
- “Filosofia della pratica. Economica ed etica” (1909)
- “La rivoluzione napoletana del 1799” (1912)
- “La letteratura della nuova Italia”(1914)
- “Manifesto degli intellettuali antifascisti”, noto anche come “Antimanifesto” (1925)
- “La storia come pensiero e come azione” (1938)
- “Perché non possiamo non dirci cristiani”(1942)
Benedetto Croce: il pensiero
Nel pensiero di Benedetto Croce, la dialettica hegeliana si inserisce all’interno di una decisa polemica contro ogni forma di trascendenza, contro la metafisica (anche religiosa) e contro il razionalismo astratto che divide la realtà in un mondo “superiore” di idee e valori e in un “basso” mondo che li riflette in modo imperfetto (come nella filosofia platonica).
Per Croce, infatti, l’intera realtà è immanente, e consiste nel divenire dello Spirito. Oltre al tema della dialettica, Croce mutua da Hegel anche la teoria della coincidenza degli opposti. Proprio riguardo a quest’ultimo argomento, il pensatore abruzzese riconosce alla filosofia hegeliana il merito di aver identificato nella dialettica, ovvero nell’opposizione, la vera essenza della realtà, e nello Spirito la coincidenza e al tempo stesso l’unicità degli opposti; tuttavia, Croce individua nell’aver esteso il concetto di dialettica degli opposti anche a ciò che opposto non è uno dei maggiori errori del pensiero di Hegel.
Nella filosofia dello Spirito assoluto, ad esempio, Hegel ha considerato l’arte come uno degli opposti destinato ad essere superato nel momento della “sintesi”, che è la filosofia.
Per Croce, invece, l’arte non è un momento dialettico destinato ad essere superato, ma una forma eterna e immutabile dello Spirito; fra l’arte e la filosofia c’è distinzione, ma non opposizione. Per questo, Croce insiste sulla necessita di collocare, accanto alla dialettica degli opposti che riguarda “l’interno” di ciascuna forma (ad esempio: l’opposizione bello-brutto all’interno dell’arte) anche il “nesso dei distinti”, in base al quale può essere chiarito il rapporto di ogni forma con le altre.
Attraverso questo nesso, lo Spirito è sempre interamente presente nelle sue quattro forme (estetica, logica, economia, etica), e passando dall’una all’altra si svolge e si arricchisce: Croce giunge così al concetto di “circolarità dello Spirito” in base al quale lo Spirito trapassa da una forma all’altra e quando vi ritorna lo fa ad un livello più alto, essendo stato arricchito dai precedenti passaggi.
Per quanto riguarda la logica, Croce espone il suo pensiero in merito nell’opera “La logica come scienza del concetto puro”, spiegando come all’attività teoretica debbano concorrere sia l’intuizione che l’elemento razionale; poichè quest’ultimo attinge alla sfera dell’universale, l’attività potrà giungere alla formulazione di un concetto puro, universale e concreto che esprima la verità universale di una determinazione.
Al pensiero pratico, invece, Croce dedica un’ampia trattazione nell’opera “Filosofia della pratica. Economica ed etica” del 1909: qui, il concetto di “utile” viene sostanzialmente svincolato dalle leggi morali, così come la politica e il diritto, che nascono con l’obiettivo di gestire l’utile del singolo individuo o della collettività.
Per quanto riguarda l’etica, essa è intesa da Croce quale manifestazione della volizione universale, che appartiene allo Spirito: essa è quindi attuazione dello Spirito, il suo esprimere in modo razionale atti e comportamenti particolari, nell’ottica di un progressivo miglioramento dell’essere umano.
Nel campo della critica letteraria, Benedetto Croce rappresentò una vera e propria autorità per gran parte del Novecento; allo stesso tempo, fu aspramente criticato per l’abitudine di presentare come canoni estetici le sue personali opinioni su autori o correnti letterarie.
Clamorose, in tal senso, furono le sue stroncature, dal D’Annunzio al Pascoli, dal Leopardi a tutto il movimento crepuscolare. Il Carducci, al contrario, fu da lui molto apprezzato, soprattutto per l’assenza, nella sua poesia, di quel sentimentalismo irrazionale che costituiva la cifra di molta poesia romantica, crepuscolare e decadente.
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