Karl Popper | Filosofo Austriaco

Karl Popper

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Karl Popper – Biografia

Karl Raimund Popper è nato a Vienna nel 1902 da famiglia ebraica e ha studiato fisica e matematica nell’università della sua città, dove è entrato in contatto con Circolo di Vienna, del quale però non ha mai fatto parte-
Nel 1934 ha pubblicato La logica della scoperta scientifica, che nel neopositivismo vuole essere una critica, sia pure condotta da posizione ad esso vicine. Nel 1937 alla vigilia dell’annessione dell’Austria alla Germania nazista, Popper è emigrato in Nuova Zelanda dove ha scritto il saggio Che cos’è la dialettica? e durante la seconda guerra mondiale, una serie di opere polemiche nei confronti del fascismo e del marxismo come La società aperta e i suoi nemici e La miseria dello storicismo.

Nel 1946 Popper è stato chiamato a ricoprire un cattedra in Inghilterra, alla London School of Economics, dove ha insegnato a lungo, dedicandosi a ricerche di filosofia della scienza e ottenendo nel 1965 anche il titolo di Sir.

Qui ha pubblicato vari saggi: Filosofia della scienza, Tre punti di vista a proposito della conoscenza umana, Congetture e confutazioni (una serie di articoli).
Nel 1961 Popper ha partecipato al congresso della Società tedesca di sociologia a Tubinga, dove ha avuto un famoso dibattito con Adorno e col sociologo Dahrendorf sul metodo delle scienze sociali, pubblicato successivamente, con contributi anche di Habermas e Albert, con il titolo La disputa sul positivismo nella sociologia tedesca.

Successivamente si è impegnato nella stesura del volume Conoscenza oggettiva. Un punto di vista evoluzionistico, ha dato alle stampe I due problemi sulla teoria della conoscenza e ha pubblicato la sua autobiografia in The Philosophy of Karl Popper a cura di P.A. Schipp.
È morto nel 1994.

Opere maggiori

Nella sua autobiografia Karl Popper racconta che nel 1919 quando era ancora studente all’unversità di Vienna, aderì al marxismo, che di presentava come un socialismo scientifico, e partecipò a una manifestazione contro la polizia, nella quale alcuni operai rimasero uccisi. Nello stesso anno assistette a una conferenza di Einstein, che presentò la sua teoria della relatività come un semplice congettura, indicando quali futuri esperimenti avrebbero potuto confermarla o smentirla.

Il giovane Popper rimase colpito dalla differenza tra le due posizioni: il marxismo, che si presentava come una verità per la quale poteva valere la pena di morire, non indicava nessun criterio per controllare la sua validità, mentre la teoria di Einstein, che rappresentava la più grande rivoluzione rispetto alla fisica di Newton, non pretendeva affatto di essere una verità assoluta, ma indicava i criteri attraverso i quali poteva essere controllata. Popper, così, si convinse che la differenza fra le teorie scientifica, come quella di Einstein, e quella non scientifica, come il marxismo, stava tutta nel fatto che le prime si sottopongono a controlli, da cui possono venire anche smentite, mentre le seconde si sottraggono a qualsiasi controllo e pretendono di valere in assoluto.

Nella sua prima opera, La logica della scoperta scientifica, Popper parte dallo stesso punto di vista del neopositiivismo, secondo cui l’unica conoscenza valida è la scienza, ma assume come criterio della scientificità di una teoria non il principio di verificazione, allora ammesso dal Circolo di Vienna, per cui una teoria è scientifica quando può essere verificata dall’esperienza, bensì il principio di falsificabilità, per cui una teoria è scientifica quando è in grado di indicare quali esperimenti potrebbero falsificarla.

La controllabilità della scienza coincide, dunque, secondo Popper, con la sua falsificabilità, nel senso che, se una teoria può essere falsificata dall’esperienza, dice veramente qualcosa a proposito di questa, cioè che può anche smentirla, mentre se non può mai essere falsificata dall’esperienza vuole dire che non ha alcun rapporto con essa (Popper dice che non “morde” l’esperienza), ovvero non ci permette di conoscere nulla di rilevante dal punto di vista empirico.

A questa concezione, che offre un criterio di demarcazione tra ciò che è scienza e ciò che non lo è, ma può essere mito, religione, metafisica, ecc., Popper aggiunge poi una precisa concezione del metodo della ricerca scientifica che non riconosce alcun valore all’induzione, sostenuta da Bacone, Newton, Mill e dal neopositivismo, in quando l’induzione non è mai in grado di confermare definitivamente una teoria.

Nessuna osservazione particolare di singoli cigni bianchi, sostiene infatti Popper, sarà mai in grado di dimostrare la validità dell’affermazione generale “tutti i cigni sono bianchi” perché potrà sempre darsi che un’ulteriore osservazione particolare ci faccia scoprire un cigno non bianco. Un valore molto maggiore ha invece la falsificazione, cioè l’osservazione anche di un solo caso particolare che smentisca una teoria generale. Basta infatti osservare un solo cigno nero per dichiarare falsa l’affermazione generale che tutti i cigni sono bianchi.

La scienza, dunque, secondo Popper, procede non per induzione ma per falsificazione. La mente umana, infatti, non è una tabula rasa che debba essere riempita esclusivamente da osservazioni empiriche: essa è già ricca, come ha sostenuto Kant, di concetto, cioè di previsioni, di aspettative intorno all’esperienza. Quando l’esperienza entra in contraddizione con una di tali previsioni si presenta un problema e la ricerca scientifica nasce appunto dal bisogno di risolvere i problemi.

Per risolvere un problema è necessario immaginare un ventaglio, il più ampio possibile, di teorie alternative ossia di congetture, e poi cercare di sottoporle tutte a tentativi di confutazione cioè di falsificazione, per mezzo di esperimenti. Mano a mano che le varie teorie saranno smentite dall’esperienza, esse verranno abbandonate e quella che resisterà più a lungo ai tentativi di confutazione sarà considerata la migliore, cioè la più valida dal punto di vista scientifico. Il metodo scientifico consiste dunque nel procedere per tentativi ed errori, cioè per congetture e confutazioni.
Proprio per questi contenuti che hanno fortemente caratterizzato la concezione popperiana La logica della scoperta scientifica resta una delle sue opere maggiori.

Il pensiero di Karl Popper

Sulla base del metodo scientifico da lui teorizzato, Popper critica tutta una serie di concezioni filosofiche che, a suo avviso, non sono affatto scientifiche e anzi, in molti casi, sono pericolose dal punto di vista politico. Tali sono secondo Popper le dottrine che hanno prospettato un ideale di società chiusa cioè perfetta, non riformabile, vale a dire quelle di Platone, di Hegel e di Marx.

Questi filosofi sono per Popper i nemici della società aperta ovvero della società democratica, che non pretende mai di essere perfetta e perciò sempre riformabile, cioè migliorabile. Essi hanno rappresentato le loro dottrine come scientifiche, ma in realtà queste non lo sono perché pretendono di spiegare tutto e in tal modo si sottraggono a qualsiasi possibile controllo.

Più in generale Popper critica ogni forma di storicismo perché questo pretende conoscere il senso generale della storia, di stabilire le leggi generali del suo sviluppo, di prevedere con sicurezza il futuro senza mai indicare quali eventuali fatti potrebbero smentire le sue previsioni.
Dal punto di vista politico Popper la preso posizione contro ogni forma di totalitarismo a cui ha contrapposto il riformismo democratico, che a suo avviso è l’equivalente sul piano politico di ciò che è il metodo per congetture e confutazioni sul piano scientifico.

La concezione popperiana del metodo scientifico valorizza fortemente lo sviluppo storico della scienza: infatti i tentativi compiuti per mezzo delle varie teorie scientifiche di risolvere i problemi posti via via dall’esperienza costituiscono per Popper la storia della scienza, che viene paragonata all’evoluzione biologica teorizzata da Darwin.

Una particolare influenza sul pensiero contemporaneo ha avuto l’articolo di Popper Che cos’è la dialettica? pubblicato in Mind nel 1940. Esso, infatti, critica la dialettica hegeliana ripresa dal marxismo, per il fatto che questa ammette l’esistenza reale della contraddizione e quindi va contro il principio aristotelico di non-contraddizione, il quale secondo Popper è il principio stesso della scienza.

In tal articolo il filosofo austriaco riespone un teorema formulato già nella tarda scolastica da un autore scambiato per Duns Scoto, cioè il cosiddetto teorema dello pseudo-Scoto: se all’interno di un sistema logico si ammette una contraddizione, è possibile all’interno dello stesso sistema dimostrare qualsiasi proposizione, ossia tutto e il contrario di tutto, il che rende le sue proposizioni del tutto irrilevanti dal punto di vista scientifico, perché la scienza deve poter distinguere le proposizioni vere da quelle false.

Roberto Di Molfetta
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Roberto Di Molfetta, 1974, nativo di Salerno, da madre romana e padre di Ceccano (Frosinone), ha avuto parecchie città di residenza, ma deve la sua formazione soprattutto al periodo ventennale trascorso nel centro della Capitale. Laureato in Comunicazione alla Sapienza di Roma, si occupa ormai da anni di Web Marketing, ottimizzazione per i motori di ricerca e creazione di siti Web. Dal 2015 ha iniziato a pubblicare libri su vari argomenti: controinformazione, informatica, psicologia, temi politici. Contatti: [email protected] Sito Web: www.robertodimolfetta.it