Albert Meister nasce in Svizzera, più precisamente a Basilea nel 1927 in una ricca famiglia di uomini d’affari. Dopo aver studiato nella sua città natale, intraprende gli studi commerciali a Delémont e Neuchatel con l’intenzione di continuare l’attività di famiglia. All’università, però, entra in contatto con il mondo intellettuale e da cui rimane affascinato. All’età di venticinque anni, nell’Università di Ginevra, consegue la laurea in economia e sociologia. Studia anche psicologia presso l’Institute of Education Sciences, sempre di Ginevra, dove ha come insegnante Jean Piaget. Continua i suoi studi di sociologia, ottenendo una borsa di studio per l’Università del Michigan (Usa), dove sarà nominato assistente di ricerca.
Da sempre interessato a studi su comunità lavorative, gruppi residenziali e associazioni, Albert Meister appena rientra in Europa nel 1954, apprende i programmi di sviluppo regionali e locali. Questo suo interesse gli permette, nel 1958, di collaborare in Italia al progetto “International Revue of Community Development”, supportato da Adriano Olivetti, inizialmente fondato sul decentramento regionale, successivamente orientato verso lo studio di trasformazioni di scala nazionale e continentale.
Nel dicembre del 1976, viene inaugurato l’emblema della Cultura del Centre Pompidou, ma allo stesso tempo si inaugura un altro centro per la cultura, in un edificio che occupa specularmente lo spazio sotterraneo del Pompidou, con il nome/non nome di Sotto il Beaubourg. All’interno dell’alta intellighenzia parigina, così avara di complimenti, così spesso banalmente superficiale, questo sociologo svizzero era fin troppo discreto, solitario e timido, ma allo stesso tempo godeva di ammirazione e di un prestigio molto particolare.
Nel 1977, con Jacques Vallet e altri, Albert Meister partecipa alla creazione della rivista liberale di arte e umorismo “Le Fou Parle”, dove si firma con diversi pseudonimi, come A. Sigolfa, C. Sniffe-Neef, Nepeutze, Gustavo Joyeux e Gustavo Affeulpin. Proprio con questo pseudonimo il sociologo pubblica l’unica sua opera di finzione “Beaubourg: una utopía subterránea”. Un’opera profetica di quattrocento pagine di minuziosa investigazione, analisi e intuizioni sull’autogestione in Jugoslavia.
A causa del suo tema, risulta essere il romanzo con il più alto contenuto politico conosciuto ad oggi. Infatti, partendo da uno scenario sempre meno plausibile l’autore ci offre l’opportunità non solo di conoscere gli inizi e il mantenimento nel tempo di un progetto autogestito di natura liberale, ma anche di riflettere su alcuni dei principali temi della letteratura: relazioni personali, analisi della società, educazione, morte, sessualità e cultura. Contradditorie furono le opinioni per quanto riguarda il romanzo; per alcuni troppo denso e prolisso, per altri si trattava di una descrizione dettagliata con continui riferimenti alla cultura del tempo e, quindi, un notevole realismo dei fatti.
Ciò che è indiscutibile è che Meister ha scelto di concentrare le descrizioni narrative causando un po’ la sensazione di leggere un saggio, mentre per altri versi la sensazione di ritrovare delle riflessioni provocanti intorno alla vita. Beaubourg, ad oggi, viene considerata un’anarchia utopica di ispirazione socialista-liberale.
Non meno degne di nota furono le sue altre opere di Albert Meister. Ricordiamo “La Coopération d’habitation et Sociologie du voisinage”, “Socialisme et autogestion, l’espérience yegoslave”, “L’Afrique peut-elle partir?”, “Participatión, animation et développement”, “La inflación creadora”, “La autogestion en uniforme”.
Infine, muore il 6 gennaio 1982 a Kyoto mentre insegnava. Da poco aveva deciso di lasciare il mondo accademico e dedicarsi al disegno e alla scultura.
Il sociologo svizzero lascia, con la sua opera più famosa, un lavoro vivo, ancora per certi versi attuale.
Albert Meister: un uomo, esempio di modestia benefica, di una radiosa esistenza quotidiana, la cui morte non ha cancellato la memoria. Talmente ben voluto che nel ‘1987, a Parigi, viene organizzato un seminario riguardante l’autogestione a lui dedicato e successivamente, nel 2007, a Delémont, viene nominata una strada in suo onore.
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