
La Scuola di Francoforte – Sociologia e critica al sistema
La Scuola di Francoforte è stato un istituto di ricerca filosofica, sociologica, economica e politica che ci ha lasciato un’eredità scientifica e culturale di indiscussa statura. Una scuola rivoluzionaria con la R maiuscola che, sin dal principio, si è servita di un approccio estremamente creativo ed originale nell’approfondimento delle problematiche contemporanee.
L’approccio alla ricerca presso la Scuola di Francoforte
Gli intellettuali della Scuola di Francoforte svilupparono numerose analisi scientifiche in conformità con la dialettica marxista e con le riflessioni teoriche psicoanalitiche della società contemporanea, di fronte alle quali assunsero un atteggiamento assolutamente critico per via della loro ortodossia. L’opera di Horkheimer, Rivista per la ricerca sociale, ben presto divenne l’organo ufficiale della Scuola; ricevette, per merito della sua rigorosità, i plausi da tutto il mondo e diede un impulso notevolissimo all’accrescimento del suo livello di popolarità scientifica.
Gli obiettivi di ricerca per la Scuola di Francoforte
I teorici della Scuola di Francoforte, e alcuni di essi li nomineremo in seguito, si imposero come obiettivo fondamentale la teoria critica della società alla luce di un ideale rivoluzionario di un’umanità libera e disincantata che smascherasse le contraddizioni della realtà sociale e dell’esistenza umana. I maestri ispiratori a cui si rifanno gli studiosi della Scuola di Francoforte sono i seguenti: Hegel, Marx e Freud.
I regimi totalitari europei e l’involuzione del sistema sovietico vennero presi in seria considerazione per stimolare ulteriormente le fasi di ricerca e di stesura argomentativa. In ultima istanza, la Scuola di Francoforte si distinse per la sua eloquenza, nella misura in cui indagò a fondo sugli effetti affioranti dall’espansione della tecnologia sui rapporti e sulle interazioni sociali. Fondata nel 1922, è rimasta in piedi fino agli anni sessanta del secolo scorso.
La Scuola di Francoforte: sociologia e pensiero di Horkheimer
Horkheimer rimase impressionato dall’avvento dei regimi totalitari europei. Per l’intellettuale tedesco, uno dei principali per la Scuola di Francoforte, dietro alla legge economica del mercato, dei profitti e degli interessi insita nel modo di produzione capitalistico, si cela la pura legge del potere che ha dato i natali a tutti quei fascismi europei che si sono evoluti in Occidente. Anche il comunismo stesso venutosi ad instaurare nei Paesi sovietici non è altro che una variante dello Stato autoritario capitalistico.
L’origine di tutti i mali proviene, per Horkheimer, dal concetto di razionalità. Egli distingue la ragione oggettiva da quella soggettiva. La prima si ispira ai grandi ideali filosofici ed etici che ci sono stati tramandati da filosofi del calibro di Socrate, Platone, Aristotele e consiste nella messa in evidenza di una ragione totalmente universale in grado di fungere da sostanza della realtà e da criterio indeteriorabile per il conoscere e l’agire. La ragione soggettiva, per dirla alla Machiavelli (“il fine giustifica i mezzi”), si interessa prioritariamente di come finalizzare lo scopo ultimo, prescindendo dall’efficienza dei mezzi, commutando di fatto la razionalità nella funzionalità, il sapere nella tecnica, la verità nell’utilità, partorendo dunque un modello di uomo succube dei processi produttivi insiti nel sistema di riproduzione capitalistico.
Nella civiltà industriale delle società contemporanee, si sta assistendo ad un processo di graduale ma sistematica spersonalizzazione, poiché all’uomo stesso si sta negando l’approccio umano, si sta sopprimendo il suo potere di creatività, di ideazione, di emancipazione attraverso cui portare a compimento progetti ed obiettivi.
La speranza è che i fautori e i contributori di questo sistema così profondamente lacerato e vulnerabile, non abbiano il sopravvento sulle vittime innocenti. Per Horkheimer la strada che si sta intraprendendo sta portando diritto all’avvento di una società automatizzata, all’interno della quale, se si dovesse perfezionare in tutta la sua mostruosità, il ruolo dell’uomo si affievolirà talmente tanto da giungere al punto di annullarsi del tutto. Il risultato congiunto di un cataclisma umanitario.
La Scuola di Francoforte: il pensiero di Adorno
Adorno si sofferma sulle conseguenze del campo di sterminio di Auschwitz, luogo in cui si sono di fatto soppiantate le diversità, le voci discordanti, le antitesi concernenti il reale, per dar vita ad un corpus unitario di direttive e orientamenti assolutizzati e assolutizzanti di fronte a cui tutti si sarebbero dovuti, volenti o nolenti, allineare.
Per Adorno, c’è bisogno di una dialettica profondamente diversa che presupponga l’eterogeneità del reale, che sia funzionale all’adattamento dei nostri schemi mentali a quelli che sono al di fuori di noi. Solo così sarà possibile impedire una nuova Auschwitz, nuovi drammi, l’emersione di un’univoca e radicata linea di condotta che cancelli fattivamente le libertà di opinione e di espressione. In breve, la libertà individuale.
Inoltre Adorno è stato un attento studioso del fenomeno dei mezzi di comunicazione di massa (i mass media). Secondo l’intellettuale, essi sono uno strumento di manipolazione delle coscienze, attraverso cui i sistemi di potere, ampliando il proprio consenso, legittimano il loro modo di procedere.
L’avvento dell’industria culturale, che impone valori e modelli di vita funzionali al dominio di classe sulle minoranze, presuppone l’oggettivazione dell’uomo, il quale si fa sussumere da tutti quei valori e modelli di comportamento che vengono trasmessi per mezzo dei mass media. E ciò incide negativamente sul grado di creatività e di autonomia intellettuale. Tuttò ciò inoltre agisce negativamente sulla coscienza individuale.
Si prenda in considerazione la musica contemporanea, ossia il jazz e la musica psichedelica, esse fanno della dissonanza, in antitesi con la perfezione e la compiutezza, il loro cavallo di battaglia, perché l’intento è quello di analizzare il periodo che stiamo vivendo nella sua più pura essenza. Tempi alienanti contraddistinti da un andamento evolutivo metodicizzato di totale repressione delle soggettività individuali.
La Scuola di Francoforte: l’antiautoritarismo di Marcuse
Marcuse, tra i vari autori che hanno dato il loro contributo per la scuola di Francoforte, è un alfiere dell’antiautoritarismo. Per il filosofo tedesco naturalizzato statunitense, le società industriali avanzate hanno concepito l’omologazione, al punto da generare un nuovo tipo di essere umano, per l’appunto ad una sola dimensione.
Viviamo in un sistema di tolleranza repressiva, di finta democrazia che si serve di qualsiasi strumento pur di annichilire le coscienze individuali. La stessa classe operaia risulta perfettamente omologata: all’operaio, dopo anni di sudore e sacrifici, rischi e pericoli sul posto di lavoro, basta davvero poco per vederlo incoscientemente felice. Il fatto di potersi permettere un’automobile per lui rappresenta un punto di arrivo e di piena realizzazione, inconsapevole però del fatto che quando contrarrà il prestito, si vedrà obbligato a restituire agli sfruttatori l’intero salario da fame “accumulato” negli anni, con l’aggiunta di tutti gli interessi.
E’ la legge del sistema dei prestiti ad interesse. All’operaio basta davvero poco per scordarsi di essere uno dei soggetti più sfruttati del sistema di produzione e riproduzione capitalistico! Per Marcuse, occorre ribellarsi, sopprimere questo sistema vecchio, cinico, burocratico, autoritario, dispotico, alienante! Marcuse è stato uno dei più conosciuti e importanti intellettuali della Scuola di Francoforte e rappresentò per milioni di giovani un modello di riferimento di assoluto spessore per dare risposte convincenti, al fine di denunciare lo stato di cose del suo presente.
Il contributo di Walter Benjamin per la Scuola di Francoforte
Per Benjamin, l’obiettivo a cui devono tendere le classi lavoratrici è di non sottomettersi ai miti del progresso e della tecnica, responsabilizzandosi, una volta per tutte, in senso epocale. Il compito di tutti sarà quello di comprendere e far comprendere, attraverso un processo attivo di “coscientizzazione”, che, in realtà, viviamo in uno “stato di emergenza”.
Scritto sulla Scuola di Francoforte
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