Vilfredo Pareto – Vita
Vilfredo Pareto (Parigi, 15 luglio 1848 – Céligny, 19 agosto 1923): ingegnere, economista e sociologo italiano.
Vilfredo Pareto nacque a Parigi da padre italiano, Raffaele Pareto (1812-1882), un ingegnere esiliato per motivi politici, e da madre francese, Marie Métenier (1813-1889). Nel 1858 la famiglia si trasferì a Torino. Qui studiò, laureandosi nel 1870 in Ingegneria al Politecnico di Torino.
Dopo un periodo trascorso come ingegnere straordinario, a Firenze, presso la Società anonima delle strade ferrate, nel 1880 Vilfredo Pareto divenne direttore generale della Società delle ferriere italiane, a San Giovanni Valdarno. In questo stesso periodo, frequentò i circoli culturali fiorentini e, con articoli su riviste italiane ed europee, partecipò intensamente al dibattito politico su posizioni liberiste e antiprotezionistiche.
Nel 1880 e nel 1882 presentò la propria candidatura come deputato, prima nel collegio di Montevarchi, poi nel collegio Pistoia-Prato-San Marcello, ma non fu eletto. Intanto, coltivò i suoi interessi culturali, approfondendo l’economia, la sociologia, gli studi letterari classici.
Nel 1890 conobbe il già insigne economista Maffeo Pantaleoni, cui restò legato per amicizia per il resto della sua vita. Anche grazie a Pantaleoni, nel 1894 fu nominato professore ordinario di economia politica all’Università di Losanna, dove prima di lui aveva insegnato Léon Walras. Lavorò allo sviluppo e alla sistemazione della teoria dell’equilibrio economico tenendo, nel 1901, alcune conferenze a Parigi, invitato da Georges Sorel, con il quale fu in ottimi rapporti. In questo periodo ereditò una grossa fortuna da uno zio e fu abbandonato dalla moglie, una russa di nome Bakounin (non imparentata con l’anarchico rivoluzionario), sposata durante gli anni fiorentini. Si legò more uxorio con Jeanne Régis, una giovane parigina conosciuta tramite un’inserzione su un giornale. Intanto, diventava sempre più vivo l’interesse per la teoria sociologica. Abbandonò progressivamente l’insegnamento, anche per ragioni di salute, e si dedicò alla redazione del grande Trattato di sociologia generale.
Nel 1910 Vilfredo Pareto pubblicò Il mito virtuista e la letteratura immorale, uno scritto mordace e satirico sul fenomeno Virtuista, nel quale l’autore demitizza in maniera irriverente tutte le razionalizzazioni degli uomini bigotti e ipocriti del suo tempo. Frattanto proseguì l’attività pubblicistica, che s’intensificò dopo la pubblicazione del Trattato, avvenuta nel 1916.
Alla fine del 1922 Vilfredo Pareto accettò di rappresentare l’Italia nella commissione per la riduzione degli armamenti della Società delle Nazioni e, il 1º marzo del 1923, su proposta dell’allora governo fascista, fu nominato Senatore del Regno. La nomina non poté essere convalidata perché Pareto rifiutò di sottoporre alla presidenza del Senato i documenti richiestigli. Il 19 giugno dello stesso anno sposò Jeanne Régis. Vilfredo Pareto morì il 19 agosto successivo.
Nel corso della sua vita, oltre alle personalità già menzionate, intrattenne rapporti d’amicizia e di scambi culturali, spesso polemici, con Galileo Ferraris, Ubaldino ed Emilia Peruzzi, Ernest Naville, Yves Guyot, Gustave de Molinari, Antonio De Viti De Marco, Domenico Comparetti, Augusto Franchetti, Arturo Linaker, Ernesto Teodoro Moneta, William Ewart Gladstone, Filippo Turati, James Bryce, Alfred de Foville, Francis Ysidro Edgeworth, Adrien Naville, Ettore Ciccotti, Arturo Labriola, Benedetto Croce, Luigi Einaudi, Giovanni Papini, Giovanni Vailati, Tullio Martello, Luigi Amoroso, Joseph Schumpeter, L. V. Furlan, Napoleone Colajanni, Gaetano Salvemini, Vittore Pansini, Olinto Barsanti, Robert Michels, Corrado Gini, Dino Grandi e Carlo Placci.
Vilfredo Pareto – Opere
* Cours d’économie politique (1897)
* Les systèmes socialistes (1902)
* Manuale di economia politica con una introduzione alla scienza sociale (1906)
* Il mito virtuista e la letteratura immorale (1911)
* Trattato di sociologia generale (1916)
* Fatti e teorie (1920)
* Trasformazione della democrazia (1921)
Vilfredo Pareto | Pensiero
La posizione di Vilfredo Pareto è rigorosamente scientifica. “Spinto da un desiderio di apportare un complemento indispensabile agli studi di economia politica e soprattutto ispirandomi all’esempio delle scienze naturali, io sono stato indotto a comporre il mio “Trattato di sociologia” il cui unico scopo – dico unico e insisto su questo punto – è di ricercare la realtà sperimentale per mezzo dell’applicazione alle scienze sociali dei metodi che hanno fatto le loro prove in fisica, in chimica, in astronomia, in biologia e in altre scienze simili”. Questa dichiarazione, che si trova negli “Scritti sociologici”, pubblicati dalla Utet di Torino nel 1946, è la sintesi degli obiettivi di Pareto.
Nel “Trattato di sociologia generale”, apparso nel 1916, Vilfredo Pareto mette sotto analisi l’irrazionalità del comportamento umano, trascurandone la razionalità, già trattata a fondo nei testi di economia da lui scritti. Tuttavia, contrariamente a quanto fa Veblen negli Stati Uniti, egli non opera il distacco dalla teoria economica ma ne integra le astrazioni per arrivare, attraverso lo strumento sociologico e psicologico, alla spiegazione di quelle manifestazioni del comportamento umano che l’analisi economica non è riuscita a penetrare. Pareto, insomma, vuole separare in modo concettuale le componenti razionali dell’azione dalle componenti non razionali.
Un esempio preso dal “Trattato” edito a Milano da Comunità nel 1964: “Un politicante è spinto a propugnare la teoria della “solidarietà” dal desiderio di conseguire quattrini, onori, poteri… E’ manifesto che se il politicante dicesse: “Credete a questa teoria perché ciò mi torna conto”, farebbe ridere e non persuaderebbe alcuno; egli deve dunque prendere le mosse da certi principi che possano essere accolti da chi l’ascolta… Spesso chi vuoi persuadere altrui principia col persuadere se medesimo; e, anche se è mosso principalmente dal proprio tornaconto, finisce col credere di essere mosso dal desiderio del bene altrui”.
Nella terminologia di Vilfredo Pareto, i residui sono i sentimenti o le espressioni dei sentimenti iscritti nella natura umana e le derivazioni sono i sistemi intellettuali di giustificazione con i quali gli individui camuffano le loro passioni o danno un’apparenza di razionalità a proposizioni o a condotte che non ne hanno. L’uomo infatti è un essere irragionevole e raziocinante: si comporta raramente in modo logico, ma vuol far sempre credere ai suoi simili di comportarsi logicamente.
La distinzione tra azioni logiche e non, non ha senso e non è possibile senza un criterio logico. Nel giudicare logica un’azione, questa deve rispettare 2 condizioni:
– sia intenzionata in modo logico;
– predisponga adeguatamente i mezzi per raggiungere un fine.
L’azione non logica è un’azione che non rispetta entrambi i criteri richiesti dal metodo sperimentale. Le azioni logiche sono poche, si hanno presso i popoli “civili” (dov’è sviluppata la scienza) e riguardano in gran parte economia e scienza. Non esclude che, a seconda del contesto, un’azione non logica possa rivelarsi logica. Ad esempio prima della battaglia il generale romano consultava gli aruspici davanti alla truppa. E’ un’azione non logica perché i mezzi non sono adeguati al fine (vittoria). Tuttavia il generale, così facendo, dava convinzione ai soldati à l’azione diveniva logica. Un’azione non logica non è irrazionale. Il sociologo non deve indagare sul dove hanno origine le azioni non logiche o cosa sono, ma su quali fatti le danno luogo. Partire dai fatti senza considerare l’origine. Gli esseri umani agiscono in base a impulsi, istinti, sentimenti e sentono insopprimibile il dare una veste logica alle loro azioni, quasi sempre illogiche.
1° genere: Azioni piuttosto rare che non hanno una condotta logica. Sono rare perché gli uomini razionalizzano le azioni più assurde.
2° genere: Quasi la totalità delle azioni umane. Gli atti non sono logicamente connessi al risultato ma lo sono nella coscienza di chi agisce. (ad es. le danze magiche per la pioggia)
3° genere: Azioni con risultato logico avendo il soggetto compiuto atti giusti per raggiungerlo e però senza averci pensato. Azioni istintive (come le palpebre che si chiudono se un oggetto sta per colpire l’occhio).
4° genere: Azioni intenzionate in modo logico che hanno un risultato oggettivamente logico. Ciò che gli uomini fanno non corrisponde a ciò che si proponevano di fare. (gli imprenditori che cercano di ridurre i costi dei loro prodotti non si propongono di abbassare i prezzi sul mercato, tuttavia il risultato è questo).
Cos’è un’azione? Un’azione si compone di 2 parti, la prima corrisponde a impulsi che rinviano a istinti, sentimenti e simili, la seconda consiste nelle razionalizzazioni, nelle giustificazioni che gli uomini danno alle loro azioni. Il primo elemento è costante, l’altro varia. Ad es. in tutte le culture l’omicidio è proibito e punito. Tuttavia le motivazioni della proibizione sono diverse, da ragioni religiose a giuridico/logiche. La proibizione dell’omicidio è la parte costante, le motivazioni sono quella variabile. Pareto non vuole sapere cosa sono i residui: se dovuti a sentimenti, istinto o altro. Definiti i contenuti dell’azione, composta da una parte costante, il residuo (il sentimento), e di una variabile (la derivazione, cioé l’ideologia, la motivazione). Sulla distinzione tra residui e derivazioni, Pareto costruisce perciò l’edificio della sua sociologia e arriva alla formulazione della “teoria dell’equilibrio sociale” che, a somiglianza di quella dell’equilibrio economico, appoggia sui fattori individuali già citati e sui fenomeni d’insieme, di gruppo, ai quali i fattori individuali danno vita. Quattro variabili in definitiva permettono in definitiva di capire il movimento generale della società: gli interessi, i residui, le derivazioni e l’eterogeneità sociale. Queste quattro variabili fondamentali da cui dipende il movimento della società si trovano in condizione di reciproca dipendenza. L’interesse agisce sui residui e le derivazioni. Quest’ultimi, che sarebbero sentimenti e ideologie agiscono anche sui comportamenti e i sistemi economici. Infine, l’eterogeneità sociale, cioé la rivalità tra le elites (vedi di seguito, ndr) e la lotta di classe tra le masse e l’elite, risente degli interessi, ma agisce anche su di essi.
Secondo Vilfredo Pareto, si possono concepire due tipi estremi di società:
1. Una società dove operano esclusivamente i sentimenti, senza ragionamenti di alcun genere. Le società animali, con molta probabilità, si avvicinano assai a questo tipo.
2. Una società dove operano in modo esclusivo i ragionamenti logico-sperimentali.
La società umana sta tra i due tipi ora notati, come misto di azioni logiche e non logiche, secondo una rigorosa suddivisioni delle azioni non logiche che non viene affrontata in queste sede ma su cui Pareto costruisce tutta la sua sociologia dell’azione sociale e, in definitiva, del comportamento umano.
Il pensiero di Pareto sulle elites
Quando Pareto passa al settore politico, conclude che la società ha una struttura elitaria, che le masse sono incapaci di governarsi, che le élite (data la legge della competizione e della conseguente selezione dei più forti) sono destinate ad ascendere e a decadere (teoria della circolazione delle élite).
Pareto fu il primo ad introdurre il concetto di elite, che trascende quello di classe politica e comprende l’analisi dei vari tipi di elites. La sua teoria delle elites trae origine da un’analisi dell’eterogeneità sociale e dalla constatazione delle disuguaglianze, in termini di ricchezza e di potere, presenti nella società. Pareto intende studiare scientificamente queste disuguaglianze, percepite da lui come naturali. Nel corso del suo sviluppo, ogni società ha dovuto di volta in volta misurarsi con il problema dello sfruttamento e delle distribuzione di risorse scarse. L’ottimizzazione di queste risorse è quella che viene assicurata, in ogni ramo di attività, dagli individui dotati di capacità superiori: l’elite. È interessato in particolar modo alla circolazione delle elites: “la storia è un cimitero di elites”. A un certo punto l’élite non è più in grado di produrre elementi validi per la società e decade; nelle elites si verificano due tipi di movimenti: uno orizzontale (movimenti all’interno della stessa elite) e uno verticale (ascesa dal basso o declassamento dall’elite).
Pareto si dichiara realista e seguace di Machiavelli, la sua è una descrizione della realtà con sfondi piuttosto pessimistici. È conservatore, teme il suffragio universale, in economia ha fiducia nel liberismo e nel libero mercato; è antisocialista, anche alla luce di quanto accade nella Russia della rivoluzione d’ottobre.
Analizzando alcuni brani tratti da “I sistemi socialisti” si possono trarre alcune considerazioni sull’impianto teorico di Pareto:
* Chi è al potere è anche, necessariamente, il più ricco: chi sta in alto non gode solo di potere politico, ma di tutta una serie di privilegi,
* L’élite svetta per le sue qualità, che possono essere sia buone che cattive,
* Le elites sono tutte colpite da una decadenza piuttosto rapida,
* Una élite che non si rigenera è destinata a perire brevemente (traspaiono, qui, retaggi tipici del darwinismo sociale),
* Elementi di ricambio per le elites possono provenire dalle classi rurali, le quali subiscono una selezione più forte rispetto alle classi agiate; le classi agiate tendono a salvare tutti i loro figli, facendo si che rimangano in vita anche elementi deboli e non adatti. Questo significa che l’élite al potere avrà in sé anche gli elementi peggiori e ciò la destina a peggiorare,
* Ricorso alla metafora del fiore: l’élite è come un fiore, appassisce, ma se la pianta, cioè la società, è sana, essa farà subito nascere un altro fiore.
La filosofia della storia di Pareto si fonda sulla circolazione continua delle elites. Non esiste per Pareto un’idea trionfante in politica, vede la storia come un moto ondoso: l’idea che trionfa oggi domani decade, ma dopodomani potrà tornare in auge. Secondo lo studioso la morale è qualcosa di molto difficile da qualificare e da imporre: la morale non è logica ma residuale (questo è certamente un discorso libertario). Chi governa non lo fa per il bene della collettività ma esclusivamente per il proprio interesse: la necessità di giustificarsi agli occhi dei governati lo fa ricorrere alle derivazioni. Le clientele in democrazia hanno un ruolo simile a quello dei vassalli nel feudalesimo. La democrazia così come la intendono i teorici (cioè come governo popolare) non è altro che un “pio desiderio”. Clientelismo e consorterie non sono una degenerazione della democrazia: sono invece la realtà della democrazia: non è mai esistita una democrazia non interessata da questi fenomeni e la storia lo dimostra. Ci sarà sempre chi, stringendo un patto con le elites al potere, ne trae personale beneficio a scapito degli altri. “Il governare è l’arte di adoperare i sentimenti esistenti”, questa frase dimostra il pragmatismo di Pareto.ù
Il contributo all’economia
Riguardo al suo contributo alla teoria economica, egli, assieme a Johann Heinrich von Thünen, Hermann Heinrich Gossen, Carl Menger, William Jevons e il già nominato Leon Walras, è stato tra i maggiori rappresentanti dell’indirizzo marginalistico o neo-classico, in contrapposizione alla scuola classica dei primi economisti che ha in Adam Smith e in David Ricardo i suoi capostipiti. A questa impostazione, fondata sul tentativo di trasferire nella scienza economica il metodo sperimentale delle scienze fisiche, con il conseguente uso delle matematiche, e che poi ha dominato lungo tutto il Novecento, si possono ricondurre concetti tipicamente paretiani come la curva della distribuzione dei redditi, il concetto detto poi di ottimo paretiano, le curve di indifferenza, il concetto di distribuzione paretiana.
Restando al concetto della curva della distribuzione dei redditi, o legge di Pareto, essa è l’estrapolazione statistica operata da Pareto del fatto che, non solo il numero di percettori di reddito medio è più elevato del numero di coloro che percepiscono redditi molto sopra e molto sotto la media, ma anche del fatto che, man mano che si considerano livelli di reddito sempre più alti, il numero dei percettori diminuisce in un modo che è all’incirca uguale in tutti i paesi e in tutte le epoche. Tale legge è stata poi variamente affinata e modificata sia nella sua base empirica che nella formalizzazione matematica, ma è rimasto il problema di sapere se la distribuzione dei redditi è probabilistica, e dunque risultante dalle abilità naturali umane distribuite casualmente in una popolazione, oppure influenzata da fattori ambientali che quindi generano ingiustizie.
In definitiva, come si vede, dal marginalismo, e in particolare dagli sviluppi apportati da Pareto, viene fuori una metodologia utile, al di là dei regimi economici preferiti, ad affrontare problemi di remunerazione e di allocazione delle risorse. L’indice di Pareto è tuttora una misura delle ineguaglianze della distribuzione dei redditi. Tuttavia, negli ultimi decenni del secolo scorso, l’impostazione marginalistica, e quindi anche quella di Pareto, è stata soggetta a critiche stringenti. Si è infatti obiettato che non sempre ciò che l’agente sceglie è ciò che egli preferisce, nel senso che l’agente economico non è quell’attore perfettamente razionale che l’approccio marginalista presuppone. I neoclassici rispondono che il loro modello non si applica ad ogni individuo ma solo al consumatore rappresentativo o medio.
Citazioni di Vilfredo Pareto
– Il rimanere fedele alla propria fede si dice perseveranza, se la fede è ortodossa; ostinazione, se è eretica. (da Trattato di sociologia generale)
– La scienza non può che porre in relazione un fatto con un altro, e c’è quindi sempre un fatto a cui si ferma. (da Trattato di sociologia generale)
– La tendenza che hanno gli uomini a voler trasformare le azioni non logiche in azioni logiche, li induce a credere che B sia un effetto della causa di C. Si stabilisce in tal guisa una relazione diretta di C B, invece della relazione indiretta, che sorge da due rapporti A B, A C. Talora la relazione C B esiste certamente, ma ciò non avviene tanto spesso quanto si crede. Lo stesso sentimento che spinge gli uomini a astenersi dal fare un’azione B (relazioni A B), li spinge a creare una teoria C (relazione A C). Taluno ha, per esempio, orrore dell’omicidio B, e se ne asterrà; ma egli dirà che gli dèi puniscono l’omicida, il che costituisce la teoria. (da Trattato di sociologia generale)
– Quando affermo l’assurdità di una dottrina, non intendo niente affatto affermare esplicitamente che è nociva alla società; anzi può essere utilissima. Viceversa, ove affermo che una teoria è utile alla società, non intendo per nulla affermare in modo implicito che è vera sperimentalmente. Insomma una stessa dottrina può essere derisa sotto l’aspetto sperimentale, e rispettata sotto l’aspetto dell’utilità sociale, e viceversa. (da Trattato di sociologia generale)
– Se oggi i popoli civili più non credono che il sole, ogni sera, si tuffi nell’oceano, non è certo merito della religione. (da Trasformazioni della democrazia, 1921)
– Se pensassi che questo mio Trattato [Trattato di sociologia generale] potesse avere molti lettori non lo scriverei.
MATERIALE TRATTO ED INTEGRATO DA:
– Cronologia.Leonardo.it
– Wikipedia.it
– It.Wikiquote.org
– Raymond Aron, “Le Tappe del Pensiero Sociologico”, Mondadori
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