Pasolini e il consumismo – riflessioni attuali

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Pier Paolo Pasolini non è stato solo un intellettuale profondo e sensibile, ma è stato un profeta laico: egli ha saputo fondere intuizioni e cultura di rango elevato per mostrarci la vera rivoluzione antropologica, culturale che vi è stata in Italia.

Più che il fascismo, poté il consumismo: sono stati lo sviluppo economico rapido pieno di contraddizioni e l’avvento della televisione ad omologare gli italiani verso un edonismo di massa, la ricerca del piacere a tutti i costi, privi di legami con la tradizione e catapultati verso un universo di valori non sentiti e discussi profondamente.

Ciò che lega gli italiani oggi, è la ricerca di quei sogni che la pubblicità e le dinamiche mediatiche installano, come software, nelle menti dei consumatori abituali di informazione ed intrattenimento mediatico.

Il pensiero di Pasolini e il consumismo

Attraverso la proposizione continua di modelli di società felice perché consumatrice, di sogni, status symbol, modelli di uomo e di donna, la TV e tutto l’apparato di marketing industriale e post-industriale convince le masse a seguire non ideali, non cultura, non dinamiche personali vissute come proprie, ma prodotti e servizi anche superflui, alla ricerca della felicità che si presuppone la merce abbiamo in sé.

I bisogni indotti, come può essere uno smartphone all’ultimo grido, sono temperati dalle associazioni mentali che il potere mediatico progetta e mostra attraverso una moltitudine di significanti segnici, dal design alla bellezza femminile, dalle parole degli slogan alla forza persuasiva della immagini, dal jingle allusivo al marchio portatore di valori targettizzati in base al segmento di mercato ricercato dai creativi pubblicitari.

Il consumismo è funzionale agli interessi degli industriali, che devono vendere i loro prodotti, aumentando i profitti delle loro aziende. Il vero progresso non è questo sviluppo economico, funzionale solamente agli interessi delle multinazionali e delle banche che vi investono miliardi di capitali freschi.

Il vero progresso è il miglioramento dei diritti reali e concreti delle masse stesse, l’eliminazione delle forti disuguaglianze capitalistiche, l’intervento di salvaguardia della salute, del lavoro, dei beni artistici ed urbanistici della nazione, un miglioramento delle vite, in generale, delle persone che non avranno mai, acquistando, consumando, la possibilità di raggiungere i modelli edonistici proposti dalle pubblicità, modelli di un mondo di successo perfetto e irraggiungibile per i comuni mortali.

Oggi abbiamo un’omologazione estesa, perché estesa la rivoluzione nei costumi e nelle abitudini delle masse operata dal sistema capitalistico, dove esisti solo in quanto consumatore attento, aggiornato, soggiogato.

Abbiamo la ‘barbarie’ del pensiero unico delle mode, degli stimoli di massa consumistici, che è riuscita in questa rivoluzione laddove persino il fascismo presunto totalitario aveva fallito: portare tutti a ragionare non con un proprio modo di vedere, ma con la visione del mondo del sistema di produzione.

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Roberto Di Molfetta
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Roberto Di Molfetta, 1974, nativo di Salerno, da madre romana e padre di Ceccano (Frosinone), ha avuto parecchie città di residenza, ma deve la sua formazione soprattutto al periodo ventennale trascorso nel centro della Capitale. Laureato in Comunicazione alla Sapienza di Roma, si occupa ormai da anni di Web Marketing, ottimizzazione per i motori di ricerca e creazione di siti Web. Dal 2015 ha iniziato a pubblicare libri su vari argomenti: controinformazione, informatica, psicologia, temi politici. Contatti: [email protected] Sito Web: www.robertodimolfetta.it