Economia – La Disciplina scientifica

Economia-università-Oxford

Condividi:

L’economia è la scienza che studia l’allocazione di risorse limitate tra usi alternativi al fine di massimizzare la soddisfazione, ovvero la scienza che studia la produzione, la distribuzione ed il consumo dei beni. Il termine economia deriva dal greco e significa ‘gestione della casa’. Nella visione classica per economia si intendeva esclusivamente la sfera privata, dal Rinascimento le stesse tecniche si estesero alla ‘gestione dello Stato’. Nel corso dell’Illuminismo l’economia entrò a far parte delle scienze sociali.

Origine della scienza dell’economia

La definizione moderna di economia nacque con la Rivoluzione Industriale, in particolar modo con la pubblicazione de “La mano invisibile” da parte dell’economista Adam Smith. Da allora il pensiero economico si è evoluto seguendo strade diverse e teorie molteplici. La scienza che studia l’attività economica è detta più comunemente, per tradizione, e politica, in quanto ai suoi inizi perseguiva scopi eminentemente politici limitandosi a suggerire norme di condotta agli uomini di Stato; ma è detta anche soltanto economia. La crescente complessità del mondo contemporaneo fece nascere discipline economiche specializzate ad analizzare uno specifico settore dell’economia: mercato, microeconomia, macroeconomia, scienza delle finanze, econometria, economia del lavoro e altre ancora.

Economia come scienza positiva o normativa

Per scienza positiva si intende una scienza empirica che aspira ad analizzare “ciò che effettivamente è”, ossia i fenomeni come essi si presentano. In quest’ambito di studio è solito trovare teoremi e definizioni. Appartengono a questo ramo di studio le materie economiche come la microeconomia, l’econometria ecc.

Economia come scienza normativa

Per scienza normativa si intende lo studio finalizzato a individuare “ciò che dovrebbe essere”, ossia gli interventi e i precetti necessari per raggiungere determinati obiettivi socioeconomici. In quest’ambito di studio è solito trovare consigli empirici e precetti. Appartengono a questo ramo di studio le materie economiche come la politica economica, le scienze delle finanze ecc. Secondo l’economica Jan Timbergen mentre l’indagine analitica dell’economica considera tutte le variabili come date e note, in base all’osservazione della realtà, l’indagine normativa individua alcune variabili strumento e analizza come la modifica di queste da parte del policy maker possa indirizzare l’economica verso il raggiungimento di determinati obiettivi socioeconomici (vedi analisi di Jan Tinbergen).

Nel suo campo di studio l’economia comprende sia il ramo positivo sia quello normativo. L’uno non esclude l’altro. Senza teoremi e teorie sarebbe complicato elaborare precetti e consigli. E’ quindi opportuno distinguere le scienze economiche positive da quelle normative soltanto per il diverso livello di astrazione, maggiore nelle scienze positive e minore in quelle normative.

La politica economica e l’economia

La politica economica è la disciplina della scienza economica che utilizza la conoscenza teorica a supporto dell’azione pratica. A tal fine si differenzia dal ramo ‘positivo’ della scienza economica che studia i fenomeni economici come essi si presentano, per avvicinarsi al ramo ‘normativo’ dell’indagine in cui il ricercatore analizza gli interventi per influire sui fenomeni economici stessi orientandoli verso una determinata direzione.

L’economia teorica, o pura, è una scienza essenzialmente deduttiva che studia le leggi dei fenomeni economici partendo dall’ammissione iniziale di alcuni postulati assai semplici nell’intento di pervenire alla individuazione di uniformità valide per qualunque forma di organizzazione della collettività o, per lo meno, in qualsiasi situazione relativa a un determinato tipo di organizzazione (e. pura generale, nel primo caso, ed e. pura del capitalismo, del socialismo ecc. nel secondo); si contrappone all’economia applicata, che studia i rapporti tra i fenomeni considerati in astratto dall’e. pura e singoli settori specifici della complessa realtà economica (per es., e. agraria, e. industriale ecc.). L’intervento dello Stato e di altri enti pubblici nella vita economica forma poi oggetto di studio della politica economica e finanziaria, sia in generale, come studio di mezzi adeguati per pervenire a determinati obiettivi, sia in particolare come esame di provvedimenti concreti.

A seconda che i fenomeni economici siano studiati prescindendo dall’elemento tempo, o siano analizzati invece nel loro continuo spostarsi da una posizione all’altra di equilibrio in dipendenza delle varie forze agenti si parla di e. statica e di e. dinamica (mentre alcuni economisti ritengono impossibile prescindere dall’elemento tempo e si limitano a distinguere due ipotesi per lo studio dei fenomeni economici: quella più semplice della stazionarietà o costanza degli elementi dati e quella più complessa della variazione degli stessi durante il periodo considerato); se si ricorre largamente alla matematica e alla statistica, si ha l’e. matematica, o econometria. A seconda poi del particolare indirizzo che caratterizza le teorie di un gruppo di pensatori o di un’epoca storicamente determinata, si ha l’e. mercantilistica, l’e. fisiocratica, l’e. classica, l’e. marginalistica, l’e. marxistica, l’e. dell’equilibrio, l’e. del benessere, l’e. keynesiana ecc.

Economia aziendale

Si chiama e. aziendale lo studio dei principi che presiedono all’organizzazione e alla gestione delle aziende volte al conseguimento di un fine economico, studio che, partendo dall’analisi del fenomeno economico, elabora forme e modalità di rilevazioni contabili e statistiche, atte a mettere in luce i fenomeni di gestione che nell’azienda si sviluppano e i risultati a cui conducono. In tale disciplina, pertanto, è considerato congiuntamente lo studio che in passato costituiva oggetto di tre distinte discipline: l’organizzazione, la tecnica, la ragioneria. Spetta a G. Zappa e alla sua scuola di aver rilevato la stretta interdipendenza fra le tre discipline e di aver affermato la necessaria unitarietà del loro studio.

La Microeconomia

La microeconomia è lo studio dei comportamenti economici individuali (del singolo agente economico). Il campo d’indagine della microeconomia si occupa dello studio delle scelte del consumatore, delle decisioni dell’impresa, del mercato e dell’equilibrio di mercato.

Teoria del consumatore

Nella teoria del consumatore la microeconomia studia la scelta di un paniere ottimale di beni a partire dalle preferenze individuali, dai prezzi dei beni e dal reddito individuale.

Teoria dell’impresa

Nella teoria dell’impresa la microeconomia analizza le scelte ottimali di un’impresa in merito alla produzione, sulla scelta dei fattori produttivi, sulla tecnologia.

Teoria dell’equilibrio

Nella teoria dell’equilibrio si analizza l’equilibrio di mercato, ossia le condizioni in base alle quali un dato bene (o servizio) è scambiato ad un determinato prezzo di mercato. L’analisi dell’equilibrio di tutti i mercati è invece conosciuto con il termine di “equilibrio economico generale”. Il compito della microeconomia è l’individuazione delle condizioni di esistenza di un equilibrio, dell’unicità e della stabilità delle allocazioni di equilibrio.

Teoria del mercato

Nella teoria del mercato la microeconomia si occupa di analizzare i vari regimi di mercato: monopolio, monopsonio, duopolio, oligopolio, concorrenza perfetta ecc.

La Macroeconomia

La macroeconomia nella teoria economica è lo studio del sistema economico nell’insieme. Si contrappone alla microeconomia dove l’analisi ha per oggetto le unità elementari dell’economia (lavoro, beni, imprese, mercati). Nello studio macroeconomico le stesse unità sono studiate sotto forma di insieme e di aggregato. Si occupa prevalentemente di analizzare le caratteristiche essenziali dei fenomeni, trascurando il comportamento delle singole unità economiche. Ad esempio, l’analisi delle fasi di recessione o di espansione di un economia, l’inflazione dei prezzi, la disoccupazione.

Per questa connotazione pratica nei confronti del mondo ‘presente’ la macroeconomia è molto vicina alla politica economica e ai problemi della società. Al solo scopo di spiegare meglio quest’ultimo concetto facciamo due esempi.

La macroeconomia keynesiana si sviluppò negli anni ’30 per analizzare le cause della grande depressione del 1929 e individuarne le vie di uscita. La macroeconomia monetarista degli anni ’60-’70 analizzò il fenomeno dell’inflazione. La macroeconomia è strettamente legata ai atti reali e distante dall’aspetto teorico puro della economia. L’obiettivo della macroeconomia è la realizzazione di un modello formale, astratto e semplificato in grado di rappresentare il sistema economico in un determinato momento, al fine di aiutare i policy maker ad adottare le politiche economiche più idonee ed efficaci per il raggiungimento degli obiettivi di governo. Per questa ragione non esiste un modello macroeconomico generale valido per ogni contesto storico e per ogni luogo.

Interventi pubblici nell’economia

Insieme di misure e di azioni poste in essere da poteri pubblici per gestire attività economiche o per regolare imprese e mercati.
Le autorità pubbliche sono sempre intervenute in campo economico, ora in maniera più accentuata – come nel 18° sec. o nella fase che va dalla fine dell’Ottocento a gran parte del Novecento – ora, come nella prima metà del 19° sec., in maniera meno accentuata. Il periodo che si è aperto con l’ultimo ventennio del 20° sec. è caratterizzato da molte trasformazioni. Si sono rafforzati i poteri delle grandi imprese multinazionali, che pongono regole, soprattutto contrattuali, e disciplinano operazioni commerciali e finanziarie di enorme rilievo. Il fatto che la risoluzione delle controversie sia ampiamente affidata all’arbitrato ha inoltre posto in primo piano l’importanza dei ‘regimi privati’ nella disciplina dei fenomeni economici. Ciò, tuttavia, non ha comportato un indebolimento dell’intervento pubblico in campo economico. Gli Stati continuano a giocare un ruolo importante, nonostante le privatizzazioni di imprese pubbliche abbiano in parte ridotto la loro sfera di intervento. La regolazione statale dell’e. si è rinnovata, l’impiego delle misure pubbliche più lesive delle libertà economiche – sovvenzioni, concessioni, autorizzazioni discrezionali – si è ridotto; i processi di liberalizzazione hanno investito diversi settori economici e ha preso corpo una disciplina della concorrenza. Sono inoltre aumentati gli interventi di autorità pubbliche sopranazionali.

La Comunità Europea ha assunto un ruolo determinante in numerose materie di rilievo economico, quali l’agricoltura, i servizi pubblici e privati, l’ambiente, gli appalti, i mercati finanziari. Si è diffusa la disciplina internazionale dell’e.: la World trade organization, per es., istituita nel 1994, è ormai un ordinamento giuridico compiuto e disciplina il commercio internazionale di beni e di servizi con accordi che favoriscono la liberalizzazione degli scambi; l’International monetary fund assicura la stabilità finanziaria internazionale attraverso l’erogazione di prestiti a Stati in situazione di crisi, ed esercitando funzioni quali la sorveglianza e la determinazione di standard. Esistono, inoltre, numerosi network transnazionali di autorità nazionali che si occupano di energia, telecomunicazioni, poste, antitrust.

In Italia gli interventi pubblici nell’e. hanno conosciuto sensibili trasformazioni a partire dall’ultimo decennio del 20° secolo. Sono state varate diverse misure di privatizzazione, soprattutto nella prima metà degli anni 1990. La cosiddetta ‘privatizzazione formale’ è consistita nella trasformazione di enti pubblici (Enel, Eni) in società per azioni; la ‘privatizzazione sostanziale’ nel passaggio di mano, totale o parziale, di azioni (Banca commerciale italiana o Enel), da mani pubbliche a mani private. Sono state avviate altre importanti privatizzazioni, per es. quella di Alitalia e quella delle Poste. Sulla scia delle disposizioni della Comunità Europea sono state inoltre introdotte misure di liberalizzazione, più o meno estesa, di alcuni settori economici, come le telecomunicazioni, l’energia elettrica, il gas, i servizi postali, il trasporto aereo e ferroviario. Ciò ha comportato l’apertura di mercati a nuovi operatori economici, l’erosione di alcuni monopoli, il superamento o l’attenuazione dei regimi di prezzi amministrati.

Le politiche di liberalizzazione hanno interessato anche il settore delle libere professioni, per quel che riguarda la rimozione dei vincoli gravanti sulle tariffe, sulla pubblicità, sulle società pluridisciplinari, o quello dei servizi bancari. Sono state istituite diverse autorità – fra le altre, la CONSOB, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato – indipendenti dal governo, al fine di garantire interventi nell’e. più qualificati sul piano tecnico e al tempo stesso più neutrali, meno condizionati dal circuito politico. Vi sono state, inoltre, riforme dirette a semplificare le regole e le procedure che incidono sull’attività degli operatori economici, quali le autorizzazioni o le approvazioni necessarie ad avviare un’impresa o ad aprire impianti e stabilimenti industriali. Ciò al fine di incentivare investimenti, di sostenere la crescita economica, di migliorare il grado di competitività degli operatori e del paese.

L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ha giocato un ruolo importante nel sollecitare gli Stati aderenti ad adottare questo genere di misure e ha più volte ribadito che una regolazione dell’e. meno ingombrante può fungere da fattore che facilita la crescita e lo sviluppo. Nel complesso, dunque, il periodo storico iniziato con gli anni 1980 ha mostrato una persistenza dell’intervento pubblico nell’e., e al contempo variazioni significative rispetto al passato. All’azione dello Stato si è affiancata quella di organismi comunitari e internazionali. In secondo luogo, si è registrato un minore coinvolgimento dei poteri pubblici nella gestione diretta delle imprese. In terzo luogo, la regolazione economica ha guadagnato maggiore autonomia dal governo, privilegiando obiettivi quali l’apertura dei mercati, la promozione e la tutela della concorrenza, la semplificazione delle norme e delle procedure. In controtendenza rispetto a quelle linee, si sono riaffermate politiche protezionistiche in molti paesi. Inoltre, le privatizzazioni hanno conosciuto momenti di flessione, soprattutto nella seconda metà degli anni 1990 e l’apertura di diversi settori economici a nuovi operatori non si è sempre tradotta in un aumento della concorrenza. Le semplificazioni non sono riuscite a superare l’eccesso di norme e di procedure e i governi talora tendono a diminuire la sfera della regolazione indipendente.

MATERIALE SULLA ECONOMIA TRATTO ED INTEGRATO DA:
– AiutoScuola.it
– Treccani.it

[amazon_link asins=’8858014154,8865590696,8895399749,B00OS17OBA’ template=’ProductAd’ store=’fratotsit-21′ marketplace=’IT’ link_id=’fa0bdf43-c7ec-11e6-b1c0-b138dc09c486′]

Roberto Di Molfetta
Latest posts by Roberto Di Molfetta (see all)
Condividi:

Written by 

Roberto Di Molfetta, 1974, nativo di Salerno, da madre romana e padre di Ceccano (Frosinone), ha avuto parecchie città di residenza, ma deve la sua formazione soprattutto al periodo ventennale trascorso nel centro della Capitale. Laureato in Comunicazione alla Sapienza di Roma, si occupa ormai da anni di Web Marketing, ottimizzazione per i motori di ricerca e creazione di siti Web. Dal 2015 ha iniziato a pubblicare libri su vari argomenti: controinformazione, informatica, psicologia, temi politici. Contatti: [email protected] Sito Web: www.robertodimolfetta.it