Problemi della Politica – Un’analisi

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I problemi della politica – Come in un gioco, si vuole elencare senza soluzione di continuità una serie possibili problemi che attanagliano la nostra vita politica, i problemi della politica, e cercare di sollevare nelle nostre menti il dubbio che gli stessi problemi siano presenti in ogni nostro gesto politico, attivo o passivo, di modo che si possa prendere coscienza di quanto il dramma rappresentato dalla pochezza della nostra classe politica sia in realtà dovuto a questioni che affondano le radici nel nostro humus culturale, sociale e psicologico. Ovviamente il presente elenco è frutto di opinioni personali, anche se spesso derivate da una elaborazione di informazioni od opinioni provenienti dall’intellighenzia culturale del nostro Paese.

– Il meccanismo di voto repubblicano permette all’uomo della strada di favorire i candidati che promettono provvedimenti considerati buoni per amministrare bene la cosa pubblica, ma lo stesso uomo della strada non ha spesso la cultura tecnica per giudicare alla prova dei fatti l’uomo politico rispetto alle promesse. Mancando la capacità di decidere appropriatamente chi sia incapace o addirittura in malafede nell’amministrare la cosa pubblica, si finisce nel riporre la propria fiducia su questioni non specificamente tecniche, ma squisitamente su un approccio personalistico, di carisma, di simpatia o apparente obbedienza a schemi obsoleti come l’appartenenza ad una destra o ad una sinistra ottocentesche.
– Le donne sono ancora viste dalla maggior parte degli italiani, anche le stesse donne, parzialmente, come non capaci di guidare, di rappresentare una leadership alternativa al dominio maschile. Questo fa si che le donne presenti in politica siano emanazione di un leader forte, e che trovino la loro forza solo in questo rapporto di sudditanza con i veri leader di partito.
– La classe politica si fa rappresentante di interessi di tutta una parte della popolazione, o anche dell’intera popolazione, quando invece spesso gli interessi delle elites politiche coincidono maggiormente con quelli delle elites di altri settori, con cui si stringono in alleanze di mutuo aiuto. E’ la classe dirigente che trae beneficio dal dominio dei politici, e non la nazione.
– L’abitudine alle consorterie affaristiche fa si che il politico si leghi maggiormente alle clientele piuttosto che agli interessi delle moltitudini, e l’interesse proprio è strettamente legato al modo in cui un uomo politico mantiene saldo il proprio potere e controllo all’interno di un partito o coalizione.
– Le categorie deboli sono le prime ad essere aiutate nelle promesse, perché tutta la nazione sente l’esigenza di tutelarle, ma sono le ultime ad essere veramente sostenute, proprio per via della loro debolezza agli occhi delle lobbies, non garantendo ai potentati affaristici potere aggiunto né costituendo, per la loro fragilità di rappresentanza, una minaccia in caso di mancato sostegno.
– Le capacità comunicative del singolo individuo e dell’intero apparato di partito, veicolate tramite i media, sono capacità sopravvalutate rispetto a quelle essenziali di onestà e buon governo, per cui i geni della comunicazione possono raggiungere i massimi livelli dello Stato non avendo un pensiero lucido su come amministrare la cosa pubblica. Vi è la massima diffusione di un’ottica di marketing-pubblicitaria, che permette a fronte di investimenti notevoli in campo economico di vendere il prodotto politico, in una chiave di lettura del votante e del sostenitore come di un consumatore, suggestionato ed in preda a stimoli immediati, piuttosto che di un attento e riflessivo cittadino bene informato su tutti i dati in campo nell’attività politica.
– Vi è la gerontocrazia, il governo dei vecchi, una classe dirigente, non solo politica che comanda nei vari settori anche grazie ad un’anzianità di servizio e di esercizio del potere allungata nel tempo a dismisura. In questa maniera, se le nuove generazioni hanno nuove idee e nuovi metodi da offrire, questi devono sottostare al diktat storico di una classe dirigente anziana che blocca sul nascere il cambiamento, perché lo stesso sarebbe pericoloso per i vari livelli di dominio personalistici.
– L’Italia è dipendente dall’estero politicamente, sia economicamente con l’Unione Europea e l’euro, oltre che inevitabilmente con istituzioni mondiali come il Fondo monetario internazionale, sia politicamente, con gli Stati Uniti a dettare l’agenda delle priorità e dei doveri in politica estera della nostra nazione. Questo fa si che mentre i nostri governanti siano pronti a dare e togliere diritti alle classi lavoratrici, e ad altri settori della nostra società civile, sono altresì proni ai voleri degli istituti internazionali e delle nazioni che storicamente dettano legge alle nostre classi dirigenti.
– Una verità non spesso ricordata è costituita dalla latitanza della cultura, generale e specifica, che dovrebbe essere invece maggiore in chi deve amministrare una realtà tanto complessa come la macchina dello Stato. La conoscenza generale per sapersi muovere nella nostra società non solamente grazie alla cerchia dei nostri alleati politici, la conoscenza specifica per sapersi muovere esattamente all’interno del settore particolare di competenza.
– Una realtà che si riscontra nella nostra classe politica è spesso la mancanza di rispetto per l’avversario o per chi non è nel nostro orizzonte di alleanze. Con volgarità, saccenza e presupponenza il politico di mestiere ignora che si possano avere idee diverse e allo stesso tempo vedere esattamente la realtà per sfaccettature diverse. Questa arroganza si riscontrano nel dibattito politico, che raggiunge al giorno d’oggi un livello di scontro, senza rispetto, intollerabile.
– Vi è l’italica concezione del politico come di un privilegiato. Tale si sente chi fa politica e spesso se ne approfitta in ogni circostanza (“lei non sa chi sono io!”), in tal maniera è percepito, distante e arrogante, l’uomo di potere dal cittadino medio, vessato non solo dai provvedimenti, invisi, della classe politica, ma anche e soprattutto dall’erigersi del politico come al di sopra della legge, dell’educazione, della normalità delle persone, nei benefici come nell’impunità di fronte alle proprie mancanze.
– Le capacità retoriche in politica contano oggi come nell’antica Roma. Pensare che il cittadino comune possa ignorare la forma della retorica per concentrarsi sulla sostanza dei fatti, è dimenticare che i nostri ancestrali schemi psicologici, le passioni, non sono scindibili dalla parte nostra più razionale. Perciò sarebbe interessante educare la popolazione a guardarsi da chi fa un uso smodato della retorica, semplicemente insegnando cosa è retorica, cosa è comunicazione persuasiva, nell’ottica moderna. Si potrebbe vedere insieme alla persone comuni quanta parte del loro convincimento su di una figura politica deriva dalla notevole capacità di comunicare e raccontare bene una storia, la storia del più bravo e onesto, a scapito del mare di dubbi che qualunque uomo politico dovrebbe generare con il suo operare a chi ne sta giudicando le qualità.
– Nell’amministrare, il politico italiano da poco peso al domani, alla progettualità. Il fatto che grandi ideologie passate come il socialismo, che facevano della progettualità un punto fermo, abbiano nelle loro estremizzazioni fallito o parzialmente fallito, non consente di dimenticare che dirigere un Paese solo alla giornata, al momento presente, non permette quell’ampio respiro necessario per poter sviluppare nazioni dove il benessere può essere previsto e conservato in ogni settore del vivere associato. Senza dimenticare le grandi sciagure che nascono proprio dalla mancanza di progetti organici di sviluppo sostenibile, come l’inquinamento di aria-acqua-terra, o il dissesto idrogeologico che causa immensi danni.
Post Scriptum:
se invece vogliamo fare un appunto sull’elettorato, sui cittadini che votano i loro rappresentanti, mi sento di fare una critica essenziale: il cittadino giudica troppo sulla base delle opinioni, come dichiarazioni dei politici o loro rivendicazioni su opere fatte o promesse mantenute. Si troncherebbe la carriera a molti pessimi politici se il giudizio sul loro operato fosse basato sui fatti, le cose concrete realizzate, le azioni. Ma per fare queste, è vero, servirebbe molta più informazioni e studio del mondo, cosa sicuramente utopica da prospettare quando la persona comune deve badare al proprio lavoro, alla propria famiglia, ai propri interessi personali. E’ sicuramente un problema di tempo e impegno da dedicare al controllo, alla verifica dei fatti compiuti dai politici, sforzo notevole ed invero non proponibile che alla classe intellettuale, una veramente libera classe intellettuale al servizio degli elettori.

Post Scriptum II:
parlando invece, in generale, dei problemi della nostra nazione, possiamo elencare a titolo solamente riepilogativo, inoltre:
debito pubblico
treni regionali dei pendolari sporchi, in ritardo
corruzione
uomini sempre più violenti con le donne
problemi di intolleranza con gli stranieri e di delinquenza forte tra i clandestini in Italia
Anziani visti come un peso
precariato diffuso e visto come sistema auspicabile dal sistema capitalistico
qualunquismo da parte di larghe fette della popolazione
sfiducia nelle istituzioni
metropoli stressanti
inquinamento di terra, mare, fiumi, aria
dissesto idrogeologico
baronismo universitario
nepotismo
clientele
raccomandazioni
affarismo al posto di una sana amministrazione
egoismo ed utilitarismo nei contatti e relazioni umane
difficoltà nella parità uomo-donna
sfruttamento del lavoro
enorme e diffusa evasione fiscale
lavoro nero
mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro
disoccupazione
scarsa rappresentatività di istituzioni e sindacati
tendenza dei giovani all’evasione dai problemi
bullismo giovanile
figli viziati e genitori incapaci di far fronte alle numerose esigenze di essere tale
consumismo come sistema di produzione e consumo: la profezia pasoliniana sulla mutazione antropologica degli italiani
calo negli anni del potere di acquisto di stipendi e salari
sclerotizzazione delle ideologie politiche fascista-comunista
violenza esibita continuamente nella comunicazione di massa
scadimento delle arti e del decoro delle città
traffico moderno ma senza razionalizzazione
sviluppo edilizio caotico e irrazionale
miscuglio incoerente di vecchi dogmi e nuove libertà nei rapporti sentimentali e sessuali
poca informazione sui propri diritti
ancora non capillare considerazione dei diritti degli animali
trattamento nelle strutture di cura non sempre adeguato a standard di rispetto dei diritti del malato

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Roberto Di Molfetta
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Roberto Di Molfetta, 1974, nativo di Salerno, da madre romana e padre di Ceccano (Frosinone), ha avuto parecchie città di residenza, ma deve la sua formazione soprattutto al periodo ventennale trascorso nel centro della Capitale. Laureato in Comunicazione alla Sapienza di Roma, si occupa ormai da anni di Web Marketing, ottimizzazione per i motori di ricerca e creazione di siti Web. Dal 2015 ha iniziato a pubblicare libri su vari argomenti: controinformazione, informatica, psicologia, temi politici. Contatti: [email protected] Sito Web: www.robertodimolfetta.it