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Marshall McLuhan – Sociologo canadese

12 Gennaio 201620 Settembre 2025 Roberto Di Molfetta
Marshall McLuhan – Sociologo canadese
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Herbert Marshall McLuhan (Edmonton, 21 luglio 1911 – Toronto, 31 dicembre 1980) è stato un sociologo canadese.

La fama di Marshall McLuhan è legata alla sua interpretazione visionaria degli effetti prodotti dalla comunicazione sia sulla società nel suo complesso sia sui comportamenti dei singoli. La sua riflessione ruota intorno all’ipotesi secondo cui il mezzo tecnologico che determina i caratteri strutturali della comunicazione produce effetti pervasivi sull’immaginario collettivo, indipendentemente dai contenuti dell’informazione di volta in volta veicolata. Di qui, la sua celebre tesi secondo cui “il medium è il messaggio”.

Nato nel 1911 in Canada ad Edmonton, nella provincia dell’Alberta, McLuhan studiò dapprima ingegneria alla Manitoba University, quindi lingua e letteratura inglese all’Università di Cambridge, nel Regno Unito. A Cambridge studiò presso I. A. Richards e F. R. Leavis e fu influenzato dalla corrente letteraria del New Criticism.

Nell’anno accademico 1936-37 insegnò all’Università del Wisconsin. Il 30 marzo 1937 McLuhan completò quella che era stata una conversione lenta ma totale, quando fu formalmente accolto nella Chiesa cattolica Romana. In seguito egli insegnò nelle istituzioni di educazione superiore della Chiesa cattolica. Dal 1937 al 1944 insegnò inglese nell’Università di St. Louis.
Qui ebbe tra gli studenti un giovane gesuita di nome Walter J. Ong, che avrebbe poi preparato e discusso una tesi (Ph.D.) su un argomento proposto da McLuhan e che sarebbe diventato in seguito, in modo analogo al suo amico e maestro McLuhan, un’autorità nel campo dei mezzi di comunicazione e delle relative tecnologie.
Il 4 agosto 1939 McLuhan sposò Corinne Lewis, di Fort Worth (Texas), ed insieme passarono il 1939-40 nell’Università di Cambridge, dove egli continuò a lavorare alla sua tesi di dottorato su Thomas Nashe e le arti verbali.

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Dal 1944 al 1946 McLuhan insegnò presso l’Assumption College a Windsor, nel Canada. Dal 1946 al 1979 egli insegnò al St. Michael’s College dell’Università di Toronto, avendo personaggi come Hugh Kenner tra i suoi studenti. McLuhan insegnò anche per un anno alla Fordham University, quando avvenne il famoso esperimento di Fordham sugli effetti della televisione.
Si spense a Toronto nel 1980.

OPERE di Marshall McLuhan

* ”La sposa meccanica”; originale: 1951
* 1976 ”La galassia Gutenberg”; originale: 1962
* ”Gli strumenti del Comunicare” (Il Saggiatore, Milano) ISBN 88-515-2029-1; originale: 1964
* 1967 ”Il medium è il messaggio” scritto con Quentin Fiore (Feltrinelli, Milano)
* 1968 ”War and Peace in the Global Village” (copertina di Quentin Fiore; prodotto da Jerome Agel)
* 1989 ”The Global Village” (con Bruce R. Powers) (Oxford University Press)
* ”The Medium and the Light: Reflections on Religion” (Paperback, 2002); trad. italiana: ”La luce e il mezzo. Riflessioni sulla religione” (Armando, 2002) ISBN 88-8358-282-9

Il Pensiero di Marshall McLuhan

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In “La galassia Gutenberg”, del 1976 (The Gutenberg Galaxy: The Making of Typographic Man), McLuhan sottolinea per la prima volta l’importanza dei media nella storia umana; in particolare egli discute dell’influenza della stampa a caratteri mobili sulla storia della cultura occidentale.

Nel libro, McLuhan illustra come con l’avvento della stampa a caratteri mobili si compia definitivamente il passaggio dalla cultura orale alla cultura alfabetica. Se nella cultura orale la parola è una forza viva, risonante, attiva e naturale, nella cultura alfabetica la parola diventa un significato mentale, legato al passato. Con l’invenzione di Gutenberg, queste caratteristiche della cultura alfabetica si accentuano e si amplificano: tutta l’esperienza si riduce ad un solo senso, cioè la vista. La stampa è la tecnologia dell’individualismo, del nazionalismo, della quantificazione, della meccanizzazione, dell’omogeneizzazione: insomma, è la tecnologia che ha reso possibile l’era moderna.

Alla base del pensiero di McLuhan (e della cosiddetta Scuola di Toronto, di cui egli, insieme a W. J. Ong, è il maggiore rappresentante) troviamo un accentuato determinismo tecnologico, cioè l’idea che in una società la struttura mentale delle persone e la cultura siano influenzate dal tipo di tecnologia di cui tale società dispone.

Nel suo scritto più famoso, Gli strumenti del Comunicare, del 1964 (Understanding Media: The Extensions of Man), McLuhan inaugura uno studio pionieristico nel campo della “ecologia dei media. È qui che McLuhan afferma che è importante studiare i media non tanto in base ai contenuti che essi veicolano, ma in base ai criteri strutturali con cui organizzano la comunicazione. Questo pensiero è notoriamente sintetizzato con la frase “il medium è il messaggio”.

Ci sono, poi, alcuni media che secondo McLuhan assolvono soprattutto la funzione di rassicurare e uno di questi media è la televisione, che per lui era un mezzo di conferma: non era un medium che diede luogo a novità nell’ambito sociale o nell’ambito dei comportamenti personali.

La televisione non crea delle novità, non suscita delle novità, è quindi un mezzo che conforta, consola, conferma e “inchioda” gli spettatori in una stasi fisica (stare per del tempo seduti a guardarla) e mentale (poiché favorisce lo sviluppo di una forma mentis non interattiva, al contrario di internet e di altri ambienti comunicativi a due o più sensi).

Marshall McLuhan afferma che il contenuto della trasmissione ha in realtà un effetto minimo sulla società, e che quindi se, ad esempio, la televisione trasmettesse programmi per bambini o spettacoli violenti, l’influenza di questo medium sarebbe la stessa. Si tratta certamente di una forzatura, questa, che però tende a mettere l’accento sulla struttura dello strumento che sovente viene dimenticata a favore del contenuto. Per esemplificare lo stesso film (contenuto) visto alla televisione o al cinema (medium) ha un effetto diverso sullo spettatore.

Per cui la struttura della televisione e la struttura del cinema hanno un impatto particolare nella società e sugli individui che deve essere colto e analizzato attentamente. McLuhan osserva che ogni medium ha caratteristiche che coinvolgono gli spettatori in modi diversi; ad esempio, un passo di un libro può essere riletto a piacimento, mentre (prima dell’avvento delle videocassette o dei DVD) un film deve essere ritrasmesso interamente per poterne studiare una parte.

Fra le tesi più illuminanti, quella per cui ogni nuova tecnologia (comprese la ruota, il parlato, la stampa), esercita su di noi una lusinga molto potente, tramite la quale ci ipnotizza in uno stato di “narcisistico torpore”. Se non abbiamo gli anticorpi intellettuali adatti, questo capita appena ne veniamo in contatto, e ci porta ad accettare come assiomi assoluti, le assunzioni non neutrali intrinseche in quella tecnologia. Se invece riusciamo a evitare di esserne fagocitati, possiamo guardare quella tecnologia dall’esterno, con distacco, e a quel punto riusciamo non solo a vedere con chiarezza i principi sottostanti e le linee di forza che esercita, ma anche i mutamenti sociali diventano per noi un libro aperto, siamo in grado di intuirli in anticipo e (in parte) di controllarli.

McLuhan introduce la classificazione dei media in caldi e freddi, classificazione alla quale è legata la sua fama mondiale: questa classificazione ha dato luogo a equivoci e a discussioni, dovute al fatto che gli aggettivi “caldo” e “freddo” sono stati adoperati in senso antifrastico, cioè in senso opposto rispetto loro reale significato. McLuhan classifica come “freddi” i medium che hanno una “bassa definizione” e che quindi richiedono una “alta partecipazione” dell’utente, in modo che egli possa “riempire” e “completare” le informazioni non trasmesse; i media “caldi” sono invece quelli caratterizzati da un’alta definizione e da una scarsa partecipazione. A ogni modo, lo stesso McLuhan, nei suoi scritti, cade non poche volte in contraddizione nel definire “caldo” o “freddo” un particolare medium: nel caso della scrittura, per esempio, questa viene dapprima definita fredda poi “calda ed esplosiva”.

Marshall McLuhan definisce medium freddi (cioè a bassa definizione) la TV, il telefono, i film, i cartoni animati, la conversazione; viceversa definisce come caldi medium come la radio e la fotografia. Quella del “villaggio globale” è una metafora adottata da McLuhan per indicare come, con l’evoluzione dei mezzi di comunicazione, tramite l’avvento del satellite che ha permesso comunicazioni in tempo reale a grande distanza, il mondo sia diventato “piccolo” e abbia assunto di conseguenza i comportamenti tipici di un villaggio. Le distanze siderali che in passato separavano le varie parti del mondo si sono ridotte e il mondo stesso ha smarrito il suo carattere di infinuta grandezza per assumere quello di un villaggio. A questo tema sono dedicati scritti come Guerra e pace nel Villaggio Globale, del 1968 (War and Peace in the Global Village) e Il Villaggio Globale (The Global Village).

Quello del “villaggio globale” (1968) è un metaforico ossimoro adottato da McLuhan per indicare come, con l’evoluzione dei mezzi di comunicazione, tramite l’avvento del satellite che ha permesso comunicazioni in tempo reale a grande distanza, il mondo sia diventato piccolo ed abbia assunto di conseguenza i comportamenti tipici di un villaggio. Nell’opera “Understanding Media” (1964), McLuhan scrive: “Oggi, dopo più di un secolo di tecnologia elettrica, abbiamo esteso il nostro sistema nervoso centrale fino a farlo diventare un abbraccio globale, abolendo limiti di spazio e tempo per quanto concerne il nostro pianeta”. Il concetto che sta alla base di questa affermazione è la credenza dello studioso nel fatto che la tecnologia elettronica sia diventata un’estensione dei nostri sensi, particolarmente la vista e l’udito.

Le nuove forme di comunicazione, specialmente radio e televisione, hanno trasformato il globo in uno spazio fisicamente molto più contratto di un tempo, in cui il movimento di informazione da una parte all’altro del mondo è istantanea. La formazione di una comunità globale ampia ma anche molto integrata nelle sue diverse parti incoraggia lo sviluppo di nuove forme di coinvolgimento internazionale e di correlativa responsabilità. Il termine villaggio globale è inteso, a tal proposito, in due sensi diversi:

1) da un punto di vista più letterale, ci si riferisce alla nozione di un piccolo spazio in cui le persone possono comunicare rapidamente tra loro e in tal modo l’informazione diviene molto più diffusa e immediata. Infatti, mediante i nostri “sensi estesi” ognuno di noi fa esperienza in tempo reale di eventi che possono avvenire fisicamente sull’altra faccia del pianeta;

2) da una prospettiva più ampia, si intende una comunità globale, in cui tutti sono interconnessi all’interno di uno spazio armonioso e omogeneo.




MATERIALE SU MARSHALL MCLUHAN TRATTO DA:
– Filosofico.net
– Wikipedia.It

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Roberto Di Molfetta, 1974, nativo di Salerno, da madre romana e padre di Ceccano (Frosinone), ha avuto parecchie città di residenza, ma deve la sua formazione soprattutto al periodo ventennale trascorso nel centro della Capitale. Laureato in Comunicazione alla Sapienza di Roma, si occupa ormai da anni di Digital Marketing, ottimizzazione per i motori di ricerca e creazione di siti Web.
Dal 2015 ha iniziato a pubblicare libri su vari argomenti: sociologia, informatica, psicologia, temi politici.

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Roberto Di Molfetta, 1974, nativo di Salerno, da madre romana e padre di Ceccano (Frosinone), ha avuto parecchie città di residenza, ma deve la sua formazione soprattutto al periodo ventennale trascorso nel centro della Capitale. Laureato in Comunicazione alla Sapienza di Roma, si occupa ormai da anni di Digital Marketing, ottimizzazione per i motori di ricerca e creazione di siti Web. Dal 2015 ha iniziato a pubblicare libri su vari argomenti: sociologia, informatica, psicologia, temi politici. Contatti: [email protected] Sito Web: www.robertodimolfetta.it

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