In difesa dei giovani

in-difesa-dei-giovani

Condividi:

Io, non più giovanissimo ma nemmeno troppo avanti con gli anni, desidero fermarmi a riflettere di fronte all’abitudine consolidata delle persone più mature, direi quelle più anziane, di accusare i giovani del nostro tempo, di ogni tempo, di essere privi di solidi valori, di principi, di agire in preda ai vizi e agli istinti più che a grandi ideali.

Proprio da questo attimo di riflessione nasce un immenso flashback storico: sono forse i giovani di oggi che hanno costellato la storia di sanguinose guerre, di crudeltà di ogni genere?

No, non possiamo dirlo. Piuttosto guardiamo al secolo Novecento, costruito dai nostri avi più recenti. Un secolo che ha prodotto due guerre mondiali, con decine di milioni di morti e milioni di deportati.

Sono forse i giovani dell’oggi, del presente ad aver voluto o provocato questi massacri, queste persecuzioni, fermate solo da una violenza più forte, certamente azioni che di grande idealità hanno poco. Credo che di fronte ad esempi storici come la battaglia della Somme, costata da sola in un giorno 500.000 morti, nella prima guerra mondiale, oppure di fronte all’utilizzo della bomba atomica ad Hiroshima, nel secondo conflitto globale, con centinaia di migliaia di morti, per non parlare dell’orrore dell’Olocausto nazista, dobbiamo fermarci, insieme tutti, a riflettere su quali siano i principi e i trascorsi che hanno generato i nuovi cittadini di oggi, considerando la Storia tutta un crogiuolo educativo con all’interno qualsiasi livello di moralità, dall’alto valore fino alla barbarie più disumana.




In questa varietà di azione e pensiero, non si può tout court dire che al passato appartiene la rettitudine e al presente il disvalore, il comportamento turpe o semplicemente errato. Bisogna, anche e soprattutto con l’ausilio delle scienze umane, dalle risultanze della storia alla psicologia, dalla sociologia all’antropologia, comprendere che la cultura di una società e di un tempo plasmano i giovani, adulti del futuro. Non esisterebbe in questa nostra Italia il diritto moderno senza il diritto romano antico, così come i difetti e i pregi del nostro popolo sono stati forgiati dalle generazioni di italiane che hanno preceduto quelle moderne.

Perciò, io intendo parlare in nome e in favore dei giovani.

Perché non sono i giovani ad aver eliminato i valori tradizionali, quelli considerati fino a poco tempo fa gli unici giusti dai propri ascendenti, se vogliamo smettere di parlare di orrori passati e ci concentriamo sul significato culturale odierno.

Come affermava il Pier Paolo Pasolini, la mutazione antropologica degli italiani sarebbe avvenuta laddove neanche il ‘rivoluzionario’ fascismo era riuscito.

Questo cambiamento, questo dissolversi dei valori tradizionali, è dovuto alla cultura ed insieme incultura della omologazione dei mass-media, della società del consumo, del produci-consuma-muori in un ciclo produttivo e riproduttivo che ha fabbricato, quello sì, il giovane italiano di oggi, tramite il mondo edificato, simbolicamente e materialmente tramite i suoi genitori e nonni.

Personalmente abito in un centro del Lazio dove la speculazione edilizia ha creato, ben prima che nascessero i ventenni di oggi, un centro abitato dal profilo brutto e irrazionale, e le mancanze della politica non hanno urbanisticamente pianificato una città che fosse pienamente vivibile dai ragazzi di oggi.

Vogliamo per questo dare la colpa a chi oggi compie 18 anni o li ha superati da poco ?

Ai trentenni, che non erano neanche nati quando si edificavano città invivibili, quando la civiltà dei consumi presupponeva per lo sviluppo economico e urbano città che sarebbero diventate trafficate ed inquinate, inattraversabili in modo ragionevole?

Diamo piuttosto questo fardello a genitori, nonni, bisnonni che oggi giudicano i giovani che hanno forgiato culturalmente ed educato.

Laddove l’educazione era tramandata inoltre, ora è omologata su una facciata di finto perbenismo, che nasconde edonismo, reale mancanza di rispetto ed empatia per le altrui istanze ed emozioni. La società borghese del dopoguerra, con il culto globale del fordismo e ora del post-fordismo incentrato sulla flessibilità mentale e d’azione, ha imposto ritmi di crescita produttiva e di standardizzazione nei comportamenti e nei valori che non nascono dall’evoluzione culturale generazionale, dal dibattito interno tra i padri e i figli, ma da una sovraimposta massificazione del sentire e del desiderare veicolata dalla cinghia di trasmissione rappresentata da TV, giornali, riviste, piani di marketing e politiche sovranazionali.

I giovani di oggi, consci che niente è più veramente sentito ma soltanto sottoscritto, si sono adeguati, cercando di differenziarsi nel look, nei legami sentimentali, nel tempo libero, negli status symbol veri o presunti, nel linguaggio. Insomma differenziarsi per avere un’identità, qualunque essa sia, purché gli adulti più grandi non venissero ad infastidire con la litania di valori della tradizione ormai moribondi, perché svuotati, sviliti, ridotti a scelta arbitraria e non a tesoro antropologico da conservare come identità della famiglia, del gruppo, della società di appartenza.

Quali prospettive presenti e future permettono ai giovani, ai ‘bamboccioni’, come definì una certa media gioventù un ministro del nostro tempo, di crearsi un mondo nel mondo, se il poco lavoro che c’è, quando viene faticosamente raggiunto, è precarizzato a livello di mercato e istituzionale, mentre la sicurezza e il benessere dell’uomo consumatore e ri-produttore esigono la fissità reddituale, la certezza del rapporto famigliare, essendo la iattura di un matrimonio fallito un lusso che difficilmente le persone possono permettersi, a livello economico e psicologico ?

Un ‘bamboccione’ odierno è condannato a livello sistemico ad appoggiarsi al proprio nucleo di partenza, e nella solitudine sostanziale di questa società segmentata, non può nemmeno facilmente costruirsi reti relazionali senza una vera autonomia, in quanto i rapporti di tipo utilitaristico prevedono che egli sia in grado di contraccambiare aiuto su aiuto, denaro su denaro, parola su parola, clientela su clientela. L’unica valvola di sfogo alle volte è l’impegno civile, il volontariato, che però poco possono a lungo termine sulla disgregazione dell’identità di un uomo che non produce per il mercato, re incontrastato delle dinamiche moderne.




Perdonate quindi, quelle che vi sembrano mancanze giovanili di oggi; potreste, con sforzo intellettuale, trovare in fondo al ragionamento che le mancanze odierne sono solo le mancanze progettuali e culturali di ieri. Le vostre.

Roberto Di Molfetta
Latest posts by Roberto Di Molfetta (see all)
Condividi:

Written by 

Roberto Di Molfetta, 1974, nativo di Salerno, da madre romana e padre di Ceccano (Frosinone), ha avuto parecchie città di residenza, ma deve la sua formazione soprattutto al periodo ventennale trascorso nel centro della Capitale. Laureato in Comunicazione alla Sapienza di Roma, si occupa ormai da anni di Web Marketing, ottimizzazione per i motori di ricerca e creazione di siti Web. Dal 2015 ha iniziato a pubblicare libri su vari argomenti: controinformazione, informatica, psicologia, temi politici. Contatti: [email protected] Sito Web: www.robertodimolfetta.it