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Sociologi Famosi .IT > Autori di Scienze Sociali > Peter Berger – Sociologo Austriaco

Peter Berger – Sociologo Austriaco

15 Giugno 201820 Settembre 2025 Claudia Coco
Peter Berger – Sociologo Austriaco
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Biografia di Peter Berger

Peter Berger fu un sociologo e teologo austriaco, nato a Vienna il 17 marzo del 1929. Emigrò negli Stati Uniti d’America poco dopo la seconda guerra mondiale e nel 1949 si diplomò dal Wagner College. Continuò gli studi alla The New School di New York. Nel 1955 e nel 1956 lavorò alla Evangelische Akademie di Bad Boll, Germania.

Dal 1956 al 1958 fu professore assistente alla University of North Carolina. Dal 1958 al 1963 fu professore associato all’Hartford Theological Seminary e professore alla New School for Social Research, alla Rutgers University, e al Boston College.

Dal 1981 Peter Berger ha mantenuto la cattedra universitaria di sociologia e teologia alla Boston University. Nel 1982 fu ammesso nella American Academy of Arts and Sciences. È dottore honoris causa della Loyola University, Wagner College, Università di Notre Dame, Università di Ginevra e dell’Università Ludwig Maximilian di Monaco e membro onorario di molte associazioni scientifiche.

Dal 1985 è stato anche direttore dell’Institute for the Study of Economic Culture, trasformatosi pochi anni dopo nell’Institute on Culture, Religion and World Affairs. Nel 2010 ha vinto il Dr. Leopold Lucas Prize dell’Università di Tubinga.

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La sua morte, il 27 giugno 2017 a Brookline, è stata annunciata dall’Institute on Culture, Religion & World Affairs, che Peter Berger stesso aveva fondato alla Boston University nel 1985 e che aveva diretto fino al 2009.

Opere di Peter Berger

The Noise of Solemn Assemblies, 1961 ;
Invito alla sociologia, 1963;
La realtà come costruzione sociale,1966;
La sacra volta: elementi per una teoria sociologica della religione, 1967;
A Rumor of Angels: Modern Society and the Rediscovery of the Supernatural, 1969;
Sociology, 1972;
The Homeless Mind: Modernization and Consciousness, 1973 ;
Pyramids of Sacrifice: Political Ethics and Social Change, 1974 ;
Facing Up to Modernity: Excursions in Society, Politics and Religion, 1979 ;
The Heretical Imperative: Contemporary Possibilities of Religious Affirmation, 1979 ;
The Other Side of God: A Polarity in World Religions, 1981;
The War Over the Family: Capturing the Middle Ground, 1983;
The Capitalist Revolution, 1986;
The Capitalist Spirit: Toward a Religious Ethic of Wealth Creation, 1990 ;
A Far Glory: The Quest for Faith in an Age of Credulity, 1992;
Homo ridens : la dimensione comica dell’esperienza umana, 1997;
The Desecularization of the World: Resurgent Religion and World Politics, 1999 ;
Many Globalizations: Cultural Diversity in the Contemporary World, 2002;
Questions of Faith: A Skeptical Affirmation of Christianity, 2003 ;
In Praise of Doubt: How to Have Convictions Without Becoming a Fanatic, 2009;
Dialogue Between Religious Traditions in an Age of Relativity, 2011 ;
I molti altari della modernità. Le religioni al tempo del pluralismo, 2017.

Analisi costruzionista e pluralista di Peter Berger

Peter Berger, fu noto per la sua concezione che la realtà sia una forma di coscienza, la relazione tra la società e l’individuo, in cui, insieme a Thomas Luckmann, scrisse “La realtà come costruzione sociale” , come testo fondamentale nella “sociologia della conoscenza”, analizzando la “Società come Realtà Oggettiva e come Realtà Soggettiva”.

La società come realtà soggettiva descrive i processi attraverso i quali la concezione della realtà di un individuo viene prodotta dalla sua interazione con le strutture sociali. Come rileva Peter Berger, nessuno può dubitare che le “visioni del mondo” costruite dai filosofi, romanzieri, siano prodotti intellettuali che si sovrappongono alla realtà e la interpretano in maniera più o meno verosimile.




Quando, però, si analizza la visione del mondo legata all’esperienza di un gruppo sociale o di una società e che, essendo accettata da gran parte dei membri, definisce il cosiddetto “senso comune”, c’è il rischio che questa conoscenza della realtà, per il suo carattere realistico sia assunta anche dai sociologi come un dato poco interessante o comunque non tale da mobilitare un’attenzione specifica.

La realtà, cioè l’insieme dei fenomeni che sono riconosciuti come indipendenti dalla propria volontà, è costruita socialmente, tale che in ogni società sono diffuse rappresentazioni della realtà condivise e date per scontate dai suoi membri. Il “costruzionismo”, costituisce il campo di studio della sociologia della cultura. Dire che la realtà è una costruzione sociale non vuol dire che ciascuno la immagina a suo piacimento, ma che essa è sociale, cioè prodotta collettivamente, e trae la sua forza proprio dalla condivisione. La società è il prodotto dell’attività umana, non esiste senza l’uomo e l’uomo acquisisce la propria identità all’interno della società, senza la quale dunque non può esistere.

La costruzione sociale della realtà oggettiva, è una visione del mondo ideologica, cui ogni soggetto, in un determinato contesto storico-culturale, aderisce con la convinzione che essa sia il prodotto della propria personale esperienza, generando così, tre rilevanti processi costruttivi socio-culturali: l’esteriorizzazione, l’oggettivazione e l’interiorizzazione.

L’esteriorizzazione è quell’istante del processo dialettico di costruzione sociale della realtà, in cui i soggetti costruiscono il proprio mondo sociale attraverso le proprie azioni, che ne costruiscono un proprio ordine sociale (es. amicizia, attività lavorativa). Nell’oggettivazione, il quotidiano viene percepito come realtà ordinata, che va oltre i soggetti ed è apparentemente autonoma da essi. Nell’interiorizzazione, invece, l’uomo è un prodotto sociale, ciò che Parsons definì come socializzazione: “Gli individui fanno propria la realtà sociale oggettivata e interiorizzano norme e valori sociali”.

Il processo può interrompersi attraverso la reificazione, cioè la percezione di fenomeni umani come se fossero cose, un totale processo di oggettivazione, per cui il mondo oggettivato perde la sua capacità di essere visto come creazione umana per diventare “fattualità non umana”. L’uomo, produttore del mondo, è visto come suo prodotto, e l’attività umana come “epifenomeno” di processi non umani. L’uomo, vive all’interno di una struttura sociale e in un sistema d’interazione continua con gli altri.

La propria esperienza può essere comunicata e condivisa con gli altri in virtù di una rete di significati comuni, mediante i segni linguistici appartenenti a una struttura che rappresenta un potente esempio di oggettivazione: “in quanto sistema di segni, il linguaggio possiede la qualità dell’oggettività”. Il linguaggio ha origine nella vita quotidiana, ne modella i comportamenti, è “ordinatore sociale” e trascende la realtà della vita quotidiana in quanto può riferirsi ad esperienze che appartengono a sfere circoscritte di significato, abbracciando, a volte, sfere separate di realtà.

Oltre che per il costruzionismo, Peter Berger è conosciuto come il “sociologo delle religioni”.
Alla fine degli anni Ottanta ha pubblicamente riconosciuto che le religioni, vecchie e nuove, sono ancora prevalenti e praticate in forma più attiva in questo periodo che nel passato, particolarmente negli Stati Uniti. Berger puntualizza che il pluralismo e la globalizzazione del mondo hanno cambiato il modo in cui l’individuo sperimenta la fede e in “The Desecularization of the World”, cita sia l’accademia Occidentale che l’Europa occidentale stessa come eccezioni all’ipotesi della de-secolarizzazione: “queste culture sono rimaste molto secolari nonostante la rinascita della religione nel resto del mondo”.

“Il pluralismo non è uno dei tanti elementi della modernità secolare. La convivenza ravvicinata di diverse visioni del mondo, di diverse scale di valori nella stessa società, nello stesso villaggio, sullo stesso pianerottolo, sullo stesso video o smartphone, nella stessa famiglia, e anche nella mente dello stesso individuo in momenti diversi della giornata, tutto questo è il cambiamento che ha sconvolto la «compattezza» e l’ordine «naturale» della società tradizionale.

È un cambiamento che riguarda sia la coscienza individuale sia l’ordine delle istituzioni. E propone ai religiosi una sfida doppia, quella di convivere con realtà secolari e al tempo stesso quella, diversa e ancora più impegnativa, di convivere con la moltiplicazione dell’offerta religiosa sul mercato delle fedi” (I molti altari della modernità. Le religioni al tempo del pluralismo, 2017, pp. 208).

La modernità pluralista costringe a pensare la religione, non è più ‘naturalmente’ quella del luogo e della famiglia dove sei nato, ma il risultato di una scelta tra le molte possibili, compresa quella di non avere alcuna fede ma di ritenersi agnostici o atei, che ha avuto i suoi maggiori successi in Europa. L’analisi di Berger si è rivolta alla religione per diverse ragioni. La prima, è che lui come tanti altri sociologi, ispirati da Max Weber, era convinto della tesi della secolarizzazione e “disincanto” del mondo: declino della religione e delle credenze nella trascendenza.

Ma nel ’99 con “La desecolarizzazione del mondo”, la classica tesi weberiana gli appare empiricamente insostenibile. La desecolarizzazione, come fenomeno sociale non giuridico, è perfettamente compatibile con quella che noi chiamiamo “laicità dello stato”. È compatibile anche se questo non significa che la laicità sia realizzata in terra. Berger attenziona come essa debba passare non solo tra la chiesa, le moschee, il clero monaci e la politica, ma anche nella coscienza, affermarsi come “nomos”. Anche qui, come nella costruzione della realtà, noi accettiamo gran parte di quel che troviamo come nomos, come un dato che diamo come scontato: non abbiamo bisogno di reinventare o riscoprire il sistema ferroviario ogni volta che prendiamo un treno.

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“L’oggettività ha una sua stabile legittimazione, ce l’ha nel mondo che ci circonda e anche, per così dire, negli scaffali nella nostra mente”, ma attenzione, solo fino a prova contraria, cioè quando un servizio smette di funzionare, quindi, quando gli eventi costringono a riesaminare il nomos. A quel punto togliamo l’ “oggetto interessato” dagli scaffali delle cose scontate e la spostiamo nello scaffale dei problemi da risolvere, che Berger definisce come processo di “deistituzionalizzazione” ed è faticoso tanto quanto era comodo trovarsi il problema risolto nella routine.

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Claudia Coco è attualmente sociologa e collaboratrice ENASC (Ente Nazionale di Assistenza Sociale ai Cittadini), ANPIM (Associazione Nazione delle Piccole e Medie Imprese) e UNSIC (Unione Nazionale Sindacale Imprenditori e Coltivatori) presso la 5° Circoscrizione di Catania.

Laureata in sociologia presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali di Catania con tesi in Sociologia Urbana “Pratiche e approcci del vivere la città. Azioni, spazi e differenze “nei” quartieri di San Berillo”.

Si occupa attualmente di studi socio-antropologici presso i quartieri di San Berillo in Catania.

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Claudia Coco è attualmente sociologa e collaboratrice ENASC (Ente Nazionale di Assistenza Sociale ai Cittadini), ANPIM (Associazione Nazione delle Piccole e Medie Imprese) e UNSIC (Unione Nazionale Sindacale Imprenditori e Coltivatori) presso la 5° Circoscrizione di Catania. Laureata in sociologia presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali di Catania con tesi in Sociologia Urbana “Pratiche e approcci del vivere la città. Azioni, spazi e differenze “nei” quartieri di San Berillo”. Si occupa attualmente di studi socio-antropologici presso i quartieri di San Berillo in Catania. Per informazioni e contatti: clacoco28 [chiocciola] gmail punto com

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